lunedì 12 maggio 2014

1^ Maratona di Rimini : "Metti insieme sei amici..." (dal sito www.clubsupermarathon.it)

1^ Maratona di Rimini :"Metti insieme sei amici..." (dal sito www.clubsupermarathon.it)

1^ Maratona di Rimini : "Metti insieme sei amici..."

Metti insieme sei amici, aggiungi una passione sfrenata per la corsa e la voglia di regalare qualcosa di bello alla città condividendola con tante persone... Si costruisce così, quasi per incanto, la prima edizione della maratona di Rimini che ha visto la sua luce il ventisette aprile. Un successo grandissimo, oltre le più rosee previsioni. Il giusto premio per il lavoro indefesso svolto dagli Organizzatori. Era difficile, ma ci sono riusciti. Bravi. Milletrecento podisti, forse anche più, si sono riversati nella città romagnola. Un fiume di persone che ha colorato d’allegria i quarantaduemilacentonovantacinque metri del percorso, rendendo ancora più frizzante una bella domenica primaverile. Una così massiccia partecipazione a questa kermesse non era del tutto scontata data la concomitanza di tante e prestigiose manifestazioni lungo tutto lo stivale italico e non dimentichiamo un altro fattore importante: la gara prendeva il via due giorni dopo la dura “50 km di Romagna”, ultramaratona che poteva far desistere tanti atleti dal fare la doppietta; invece, numerosi hanno allungato il loro soggiorno per essere presenti a Rimini nel fine settimana che s’approssimava. Un lavoro partito da lontano, quello del C.O. e con i giusti tempi. La creazione di un simpatico logo immesso subito nei social network (idea riuscitissima) che ha creato subito molta curiosità, contatti con sponsor (niente soldi, ma cambio merce), rapporti con Enti locali (Comune, albergatori e ristoratori) con i quali hanno cercato, riuscendovi, di trovare degli accordi che andassero incontro alle esigenze dei maratoneti. Gli amici rivieraschi, inoltre, hanno avuto l’intelligenza di “prendere” il meglio dalle altre maratone e allora ecco il palazzetto dello sport (pacchi gara, deposito borse, spogliatoi e docce), come Reggio Emilia insegna e fa da anni; alcuni ristori posti su entrambi i lati della strada come sarebbe spesso auspicabile in modo da evitare scomodi assembramenti; un ottimo e abbondante ristoro finale fatto di birra a fiumi, pizza e piadina con sarde a volontà. Posso affermare che quando siamo andati via dalla Romagna lo abbiamo fatto a malincuore perché calava il sipario e si spegnevano le luci su un bel week end ma, in tanti, ci siamo ripromessi di tornare a queste latitudini il prossimo anno. Credo che non sarà facile ripetere nel duemilaquindici il successo ottenuto quest’anno, ma ciò non vuol dire che sia impossibile. Gelo, Simone, Luca, Candido, Marco e Mattia sicuramente lavoreranno il doppio per migliorare quello che è un po’ mancato in questa edizione e cioè la viabilità che in alcuni tratti non è stata proprio fluida. Questo dettaglio però non sminuisce in alcun modo il percorso, un bel tracciato che ci ha portato dapprima sul lungomare, poi ci ha indirizzato nella verde campagna circostante e, infine, ci ha fatto ritornare verso il centro città sotto il monumento che caratterizza Rimini: l’Arco d'Augusto. Una nota simpatica sono stati i chilometri segnati non con i classici e anonimi cartelli, ma con delle sedie sdraio da mare. Un ultimo particolare che a me fa capire quando gli Organizzatori non vogliono lucrare sull’evento: ai ristori c’era la Coca Cola e non le sue brutte imitazioni che costano un terzo e valgono ancora meno. La mia gara? Solo il bell’arrivo, mano nella mano, con la mia amica Elena tra due ali di folla festanti. Ho voluto scrivere di una bella maratona, di persone gentili e della simpatia di tutti: Riminesi, Organizzatori e podisti. Sono andato lì per stare con gli amici e trascorrere una bella giornata e tutto ciò è avvenuto. Mi sono fidato di quei ragazzacci degli organizzatori ed ho fatto bene. Arrivederci all’anno prossimo, Rimini. Ad maiora.

domenica 4 maggio 2014

6^ 24 ore di Torino: "Un bel passo in avanti..." .

La ventiquattro ore di Torino di quest’anno aveva molti contenuti racchiusi in quell’anello di millequattrocentoventi metri ricavato nello splendido parco Ruffini. Tutti significati importanti: in primis per gli Organizzatori che dovevano presentare il circuito dove il prossimo anno si svolgerà il campionato mondiale ed europeo della specialità e verificarne l’idoneità delle strutture presenti;in seguito, per i tanti atleti che, anche per la prima volta, si presentavano ai nastri di partenza della gara per voler scoprire il sapore di correre o camminare per un giorno intero. Un senso notevole lo aveva anche per me e la mia squadra, dovevamo confermare che il lavoro svolto negli ultimi otto mesi era a buon punto. Alla fine, il capoluogo sabaudo ha saputo regalare a tutti risposte positive, basi sulle quali fondare un futuro importante.

Sono giunto a Torino il giorno prima della gara in non perfette condizioni fisiche per problemi legati ad un fastidio al tendine d’Achille che mi aveva visto, alla vigilia della corsa, nelle sapienti mani degli specialisti del Ctr di Reggio Emilia. Nella nostra testa però avevamo la convinzione di poter ottenere un buon risultato. Questo non significava assolutamente essere spavaldi, il nostro era un ragionamento semplice: tenevamo la certezza d’aver svolto un'ottima attività nei mesi precedenti combinando palestra, corsa e massaggi. I risultati, poi, alla 12 ore del Tricolore (124,173km) e alla 6 ore di Torino (75,072km), erano i presupposti per fare bene.

Col maestro Tallarita avevamo preparato tutto nei minimi particolari, niente era stato affidato al caso, ci poteva solo fermare una rottura fisica. Eravamo talmente convinti che, alla vigilia della gara, il grande Antonio mi aveva anticipato il numero di chilometri che avrei percorso.

E’ sabato mattina ed il Parco Ruffini si veste a festa. Molto pimpante Enzo Caporaso, organizzatore dell’evento, illustra a tutti quali sono le caratteristiche del percorso e orgogliosamente ripete che proprio su quel tracciato nel 2015 ci saranno i migliori al mondo a sfidarsi in una corsa di un giorno intero. Arrivo molto presto e incontro il Maestro, insieme prepariamo il nostro tavolo con bevande e cibi che serviranno per le gare che di li a poco andremo a cominciare. Ascolto un po’ di musica, come faccio sempre per rilassarmi e quando manca mezz’ora all’inizio mi cambio, preparandomi per la sfida. Una gara non contro qualcuno ma contro me stesso: dovevo dimostrare di essere un atleta di medio-alto livello per ambire a traguardi importanti e, per farlo, non dovevo far altro che rimanere concentrato, svolgere quello che avevamo pianificato ed ascoltare ciò che il mi veniva consigliato dal box, tutto molto semplice. Le gare hanno preso il via alle dieci e sul percorso si notano subito atleti che viaggiano a differenti velocità causa tre gare in essere: Sei ore, Cento chilometri e Ventiquattro ore. Molta gente ad applaudirci sul tracciato e tantissimi accompagnatori muniti di tende e gazebo affollavano ordinatamente il lungo rettilineo del traguardo e passare da li era sempre una gioia. Io sempre regolarissimo, ogni tre giri mi fermavo al ristoro, bevevo e ripartivo... Intanto, il tempo passava e, con Evangelisti e Alzani, ci alternavamo al comando della manifestazione distanziati di pochi metri. Finivano, intanto, le gare della Sei ore e poi della Cento chilometri. Il mio incedere sull’anello era costante e come da tabella, solo che adesso avevo a disposizione anche Tallarita che, avendo finito (quarto) la sua corsa, si poteva dedicare a me al cento per cento; ciò mi rendeva ancor più tranquillo e sempre più carico. Le ore passavano inesorabili, i passi s’alternavano incessanti sull’asfalto e sui visi di alcuni atleti cominciavano a vedersi delle strane smorfie. I fisici iniziavano a sentire la fatica dell’imperturbabile scorrere delle lancette dell’orologio e molti corridori alternavano una camminata veloce alla corsa. Con l’inizio della notte, senza fermarmi, mi sono anche coperto adeguatamente in modo da non accusare i disagi dovuti all’abbassamento della temperatura e all’umidità. Intanto, tra i favoriti, Alzani alzava bandiera bianca e di li a poco anche Evangelisti inizierà a camminare lungo il percorso. Verso la quindicesima ora di corsa perdo la testa della gara, ma per me non c’è alcun problema, la sfida è ancora lunga e poteva presentare ancora molte insidie. Tra la diciassettesima e la diciottesima, col permesso di Antonio, ho fatto una pausa di qualche minuto in modo da poter rilassare un po’ il corpo in tensione. I muscoli però, nonostante la coperta addosso, si sono raffreddati e subito il dolore lancinante al tendine”malato” faceva capolino. La sofferenza era atroce, subito mi era praticato un massaggio e applicato il taping cercando di alleviare il male. Intanto, i minuti trascorrevano inesorabili ed io perdevo tempo prezioso, cosa che a me rodeva perché non facevo i chilometri previsti. Ristabilitomi mentalmente e con molta pace nella mia testa riparto cercando però prima di riscaldarmi un po’. Compio un giro (1420m) camminando, mi passa Paoletti che, vedendomi procedere lentamente,s’affianca e m’incoraggia. Iniziano a recuperare anche il tedesco e lo svedese, ma io sono sempre sereno. Comincio camminando anche il secondo giro, ma a quel punto prendo la decisione di correre col dolore e storto, lo completo ed inizia ad andare meglio. Riprendo il ritmo, il malanno sparisce e la gioia prende il posto della serenità che comunque non avevo mai perso. Ad ogni tornata ripeto ad Antonio che sto dando il massimo e lui mi pone dei traguardi intermedi da raggiungere, così via,via andiamo avanti. Ad un certo punto della notte, quasi all’alba, ad un ennesimo passaggio sul traguardo, il Maestro mi viene incontro, come aveva fatto sempre a tutte le tornate precedenti per pormi i ristori, i tempi, per regalarmi consigli ma,questa volta, vedo una luce diversa sul viso di questa grande persona. Si avvicina e con occhi lucidi dice:”Mi stai facendo emozionare”. Io, che sono molto sensibile, gli rispondo subito: ”Antonio non fare così, io mi emoziono facilmente e, se inizio a piangere, mi fermo qui e non riparto più!“. Ormai è l’alba e mancano quattro ore, corro molto bene ed ho la sensazione che le tantissime persone presenti facciano il tifo per me. Sono libero da condizionamenti e da freni mentali, vado che è un piacere. Vedo il sorriso sul volto di tutti, è molto bello. Tanti atleti mi fanno i complimenti per la mia tenuta di gara e penso ai tanti sacrifici che abbiamo fatto per raggiungere quel momento lì. Stavo dando il massimo ed ero orgoglioso di me e, al contempo, sapevo che anche il Maestro lo era. Allo sparo ormai poco più di qualche minuto e mancano circa quattrocento metri per passare ancora sul traguardo e mettere a terra il cinesino. Faccio un ultimo allungo,sono sul rettilineo finale e vedo che la gente lascia tutto quello che stava facendo, si alza in piedi dalle sedie e mi tributa un’ovazione come se avessi vinto un mondiale. Metto a terra il segnachilometri e cosa vedo? Un mare di persone che corre verso di me per abbracciarmi. Io, tra la folla, cerco Tallarita, gli vado incontro e lo abbraccio dicendogli:” Antonio, grazie e scusami se non abbiamo raggiunto l’obiettivo dei duecentoventi chilometri “. Il saggio siciliano, pronto, ribatte:”Stai tranquillo, hai corso oltre duecentodiciassette chilometri, dato spettacolo, regalato emozioni e fatto una gran gara”. Voglio fermare qui il mio racconto nel momento più bello della ventiquattro ore di Torino.

Concludo facendo alcune considerazioni.

Alla fine sono arrivato quarto, vincere la medaglia di legno non piace mai a nessuno però io sono particolare e va bene anche così. Il risultato raggiunto è grande per come è maturato e sono convinto che faremo meglio. Con i consigli del Maestro e con lui come assistente di gara non posso che progredire. E’ solo questione di tempo. Per la prima volta ho superato i 200 km in una gara di 24 ore e questa la dice lunga su quale potrebbe essere il prossimo risultato. Essere arrivato ai piedi del podio con due stranieri, atleti delle rispettive nazionali, al primo ed al terzo posto, vuol dire essere nei primi posti in Italia e la mia rappresenta la quarta prestazione dell’anno. Quando mi sono affidato ad Antonio l’ho fatto perchè conosco il suo valore sia come uomo sia come atleta. Oggi più di ieri sono convinto che il risultato è vicino. In questi otto mesi ho sempre migliorato i miei personali sia sulla 6 ore che nella 12 ore e adesso anche nella 24 ore. Sono sicuro che sia solo questione di tempo. Il prossimo anno i campionati mondiali ed europei si correranno in Italia e sicuramente sarà un motivo in più per fare ancora meglio. Io ed Antonio ci siamo prefissati un obiettivo e lavoreremo per quello.

Lo scopo di questa gara erano i 220 km, manca poco. I 217,249 km sono un buon punto di partenza. Con questo risultato le mie quotazioni sono aumentate ed in Federazione, spero, che qualcuno mi guardi con un occhio diverso. La mia corsa l’ho vinta, leggendo alcune dichiarazioni rilasciate dal Maestro qualche giorno dopo la manifestazione e che di seguito riporto:”Allenare Ciro è una grossa soddisfazione, in quanto è una persona estremamente rigorosa, metodica e attenta e questo gli permette di cogliere i risultati. E’ un atleta che ha dato molto al mondo dell’ultramaratona e saprà dare ancora di più in futuro. Il suo risultato premia non solo i suoi sacrifici, ma anche una metodologia di allenamento che forse esce dagli standard tradizionali fatti di allenamenti lunghi e impegnativi. Queste gare si fanno con le gambe, ma la testa assume un ruolo fondamentale e su questo Ciro non ha nulla da imparare. Le sue precedenti esperienze podistiche, che hanno dell’incredibile, lo dimostrano. Ha solo bisogno di dosare bene ed al meglio la sua carica energetica, quella che io chiamo “generosità emozionale” ovvero la voglia di dare il meglio quando si sta bene senza pensare che ci sono ancora molte ore di corsa. E su questo stiamo lavorando con la giusta serenità. Ciro è un atleta determinato, in grado di raccogliere risultati eccellenti e sono convinto che alla prossima gara saprà cogliere l’obiettivo”.

Ditemi voi: come posso mai deludere il grande Antonio Tallarita? Qualcuno si chiederà perché lo chiami Maestro, nonostante siamo amici. E’ semplice, nutro una grande ammirazione e un grande rispetto per questa persona sia come uomo che come atleta. Ha messo a mia disposizione il suo sapere rendendomelo facile e mi sta insegnando molte cose.

Termino dicendo che una gara del genere nel proprio animo contiene tante piccole,
grandi storie e a me piace ricordare quella di Paolo (atleta) e di Pupetta (moglie) che ho conosciuto in albergo il giorno prima. Paolo, che in passato aveva avuto qualche problema fisico e di peso, si presentava per la prima volta ad una gara del genere, la moglie vedendo la sua determinazione, la sua voglia, il suo voler regalarsi un sogno, non l’ha sconsigliato, anzi l’ha invogliato, lo ha accompagnato e gli è stata vicino. Hanno fatto questo viaggio di ventiquattro ore insieme. Paolo ad un certo punto camminava, soffriva ma non mollava, Pupetta era li ad aspettarlo ad ogni giro. Uno sguardo,una parola dolce e un incoraggiamento. Questo è amore! Una ventiquattro ore ha molti vincitori, questi straordinari amici sono tra questi.