La gara di Torino è stata la dimostrazione di come non si
può mentire al cervello umano nonostante il massimo impegno che si profonde
nel preparare una qualsiasi manifestazione. Questa ventiquattr’ore di corsa, in
realtà voluta più dal mio allenatore che da me, è stata la conferma che la mia
testa ha dato la priorità ad un certo tipo di gare,quelle più dure al mondo.
Dopo la Brazil 135,infatti, volevo recuperare bene,com’è accaduto e poi
preparare con tranquillità la Badwater ultramarathon. E’ successo invece,che
confrontandoci e avendo dei dati che confortavano la sua tesi,il mio coach, in
un paio di giorni, mi ha convinto. In questo momento non voglio dare la colpa a
lui della debacle perché sarei ingrato, voglio solo confermare quello di cui il
prof. Trabucchi spiega bene nei suoi libri. Il cervello immagazzina dei dati e
nel momento in cui ha bisogno di segnali positivi se hai delle cose negative
nascoste queste vengono fuori in modo dirompente. Io sono bravo ad uscire da
situazioni emotivamente critiche,mi è successo innumerevoli volte ma ho sempre
affermato che solo una “rottura” mi può fermare. E’ accaduto che un’infiammazione
ad un tendine non mi faceva più articolare la gamba e quando tentavo di correre
provavo un dolore lancinante. Quindi non solo il cervello non ha accettato la
gara ma ha fatto in modo di mettermi fuori uso regalandomi su un piatto
d’argento la scusa buona per tutti. Il programma d’allenamento per questa gara
è stato svolto col massimo impegno e sempre con serietà assoluta. Fisicamente
stavo bene ma la “testa” non era dello stesso parere. Cercavo di convincermi ma
una voce mi diceva:” Non bluffare,sai che non è così,la ventiquattr’ore viene
dopo la gara americana,solo allora darai l’assalto a quel tipo di corsa”. Sono
arrivato a Torino il giorno prima come sempre carico d’entusiasmo e con la
voglia di far bene. Dopo un viaggio senza stress con degli amici fantastici ho
trascorso il pomeriggio in albergo e subito dopo la cena ho presenziato a degli
incontri promozionali per l’associazione La Via della Felicità che comunque mi
hanno fatto andare a letto abbastanza presto. Al mattino la solita colazione,la
preparazione dei ristori e poi dritti
verso il parco Ruffini,teatro della gara. Un anello di un chilometro chiuso al
passaggio dei pedoni ci aspettava ben lieto di vedere le nostre gesta
podistiche. Rapido il ritiro del pettorale,qualche foto con gli amici e poi
ecco la partenza. Sul circuito di mille metri c’erano tanti atleti che ad
andature non uguali facevano la loro gara. Diverse erano le corse nella stessa
manifestazione: una sei ore,una cento chilometri e una
ventiquattr’ore,quest’ultima sia a per squadre che per singoli. La prima parte
di gara per me si è svolta tranquillamente forse leggermente più lenta del
previsto ma sempre molto allegro e disinvolto,quasi da sembrare li in gita
turistica. Non accusavo fatica,i rifornimenti li facevo in modo regolare e dopo
un pò inizio anche a scalare posizioni in classifica generale. Dopo circa otto
ore di corsa però un fastidio ad un tendine fa in modo che quando mi fermavo a
bere, alla ripartenza accusassi dei dolori lancinanti. Con l’andare avanti
sempre peggio,così ho iniziato a camminare un pò,mi son fatto fare dei
massaggi (un modo per prendere tempo più che altro) ma niente la situazione non
migliorava. Decidevo allora che sarebbe stato più opportuno fermarmi per circa
un’ora ma al rientro potevo solo camminare e basta. In quei momenti ho preso così la decisione di proseguire al passo fino
alla fine. Dopo qualche ora incrocio Antonio Tallarita che mi consiglia di
fermarmi definitivamente per non compromettere poi gli allenamenti per la
Badwater ultramarathon. A malincuore così ho scritto la parola fine
sull’asfalto che era stato lo scenario
della mia gara,ho fatto la doccia e riposato qualche ora. Al mattino seguente
ero sul percorso ad incitare gli atleti che avevano corso tutta la notte e che
avevano sui loro volti disegnati gli effetti della stanchezza. Verso le undici
le premiazioni e poi ritorno a casa con l’allegra compagnia dell’andata. Questa
non è stata un’esperienza negativa,anzi... So che dopo la corsa a stelle e
strisce nel mio futuro ci saranno delle gare da ventiquattro ore.Questo lo sa
Cirinho e lo conferma il suo cervello.
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