venerdì 27 maggio 2011

Nove Colli Running 2011 : Una vittoria per tre...Ciro,Paolo e Andrea.

…Eccolo,da lontano,prende forma LUI,il grattacielo di Cesenatico. La stanchezza fisica ormai è solo un vago ricordo,le sofferenze patite durante la notte sono svanite velocemente come i fulmini prima dei roboanti tuoni durante quei bei temporali di primavera che rinfrescano l’aria. Con tenacia e forza di volontà ferrea andiamo avanti. All’orizzonte quel mostro di cemento sembra aspettare gli atleti con le fauci aperte… La scritta arrivo. Ormai è solo gioia,felicità e allegria. La strada fatta non la ricordiamo più,solo quattrocento metri del lungomare Carducci ci dividono dalla gloria. La gente applaude,due ali di folla impazzite accompagnano il nostro incedere,il bandierone dell’Inter sventola alto sulle nostre teste, salutiamo tutti,piangiamo di commozione,abbracciamo idealmente il mondo intero,vorremmo che in questo momento,come per incanto,si fermasse il tempo,ci piacerebbe scolpire nella roccia,se si potesse,questa nostra felicità e lasciarla ad imperitura memoria. Questa è felicità allo stato puro. I metri passano anche abbastanza velocemente,vogliamo godere di questi attimi come un assetato quando trova una fontanina lungo il suo percorso e sa che non ce ne saranno più. Vediamo Ivan,Monica,Andrea,credo Enrico che sono felici come noi. Il traguardo,Mario che ci viene incontro,ci siamo,pochi metri e poi l’urlo liberatorio:”Paolo ce l’abbiamo fatta !!! "
A casa mia, da ragazzo, ci sono state delle imprese sportive che, nel mio immaginario, hanno avuto da sempre un sapore di storia con un alone di leggenda che le avvolgeva: L’Italia Campione del Mondo nel 1982 con le bandiere appese ai balconi e l’allegria della gente italica che si riversava nelle strade, l’Olimpiade di mio fratello Enzo ad Atlanta nel 1996 con la sua presenza alla cerimonia inaugurale, col mondo intero che lo guardava e con la commozione nostra che avevamo lì un pezzo di cuore... Poi c’era la Nove Colli che il mio papà aveva corso in bici con la fatica dei ciclisti che ancora traspariva dai suoi racconti e con l’emozione ancora tangibile che scaturiva dalle sue parole. Queste le cime che il mio bravo genitore snocciolava a memoria:Il Polenta,Pieve di Rivoschio,il Ciola,il Tiffi,il Perticara,il Putignano,il passo delle Siepi,il Garolo. Lo so,ne manca una ed è quella che anche Lui metteva in fondo: Il MITICO BARBOTTO, col suo ultimo tratto al 18% di pendenza,dove alcuni ciclisti venivano su mestamente a piedi sopraffatti da quel muro che per alcuni di loro era invalicabile in sella ad una bici. Un bel giorno dell’anno scorso chiamo mio padre e gli dico:”Correrò la Nove Colli a piedi ”.Pronta la risposta:”Guagliò,tu sì pazz !!!” Si,forse un pò lo sono... Dopo la delusione della Cento chilometri di Seregno,primo obiettivo stagionale,non era facile rimettere insieme i cocci di un sogno andato in frantumi,resettare la mente e ripartire per questa avventura. Io l’ho fatto e sono orgoglioso di me stesso. La delusione post gara lombarda era tanta ma la voglia di guardare avanti e di costruire un’impresa sulle ceneri della sconfitta prese il sopravvento e così con sudore,allenamenti e abnegazione ho costruito,nel tempo,quella che è stata una gara che ho riassunto in un ossimoro: DI DEVASTANTE E ALLUCINANTE BELLEZZA. Si proprio così,una competizione dura,durissima che mette alla prova il fisico e la mente,dove muori e rinasci tante volte,dove cadi e ti rialzi,dove il sole insegue la luna,dove il giorno fa lo stesso gioco con la notte,dove un attimo prima tutto è bianco e dopo può essere tutto nero,dove farsi prendere da pensieri negativi che poi ti stritolano,amplificati dalla stanchezza può essere letale,dove nel tagliare il traguardo sai di scrivere il tuo nome nella storia dell’ultramaratona e sei al settimo cielo. Il tutto però dentro uno scenario di assoluta bellezza fatto di vallate dove regna un silenzio che allieta i sensi,di colori che durante il giorno infondono serenità e che durante la notte provocano brividi,di odori che soddisfano l’olfatto e di sapori che sollazzano il palato. Di questo bel film noi atleti,con i nostri accompagnatori siamo gli attori principali, i volontari e le società sportive,che con la loro opera ci aiutano lungo il percorso non lesinando mai parole d’incoraggiamento,fungono da aiuto registi e con quella grande persona di Mario Castagnoli che è il regista di tutto,il burattinaio,quello che regge i fili e muove tutto,:”GRAZIE MARIO NON MOLLARE”. Regalaci anche l’anno prossimo questa perla,lo so che è difficile e le spese sono tante ma vedrai che con l’aiuto di tutti riuscirai,riusciremo se vuoi, ancora nell’impresa. La Nove Colli running con i suoi 202,4km ed i 3220 m di dislivello positivo,insieme alla Spartathlon 246km e alla Badwater ultramarathon (attraversamento della Valle della morte negli Stati Uniti) di 217km e 3962m di dislivello positivo è una delle tre corse in linea più dure al mondo e sarebbe un peccato mortale perderla. Come si prepara un avvenimento così? Una domanda da un milione di euro. Ognuno di noi ha il suo modo di farlo e non è detto che sia migliore di quello di un altro. Per quello che mi riguarda tranne un giorno settimanale che ho sempre di riposo non ho saltato un allenamento da novembre dell’anno scorso. Ci sono stati momenti belli e momenti brutti,uno in particolare (bruttissimo) ad aprile condizionerà in positivo però la prestazione. Io sono uno che cura molto i particolari quindi ho scaricato gli scritti di altri amici che avevano già calcato le stesse strade,ho visto filmati (anche quelli relativi alla corsa di bici),ho sentito un pò di pareri in giro e sono giunto alla conclusione che per portare alla fine bene questa gara avevo bisogno di una macchina d’appoggio con una persona che capisse le dinamiche della corsa,senza essere invadente,insomma un martire che si dedicasse alla causa. Una settimana prima della partenza per Cesenatico mi chiama Andrea,amico di tante corse, domandandomi:”Hai qualcuno che ti segue lungo il percorso? Ti offendi se ti chiedo di farlo io in macchina? Insieme a quella di Marco per Seregno, mai richiesta è stata più ben accetta. Ci vediamo qualche giorno prima della partenza per programmare il tutto,a casa sua sembriamo due generali che stanno preparando lo sbarco per la conquista di quel lembo di terra tra Romagna e Marche: Cartine stampate,ingrandimenti dell’altimetria,strade da percorrere,indumenti per i cambi,le bibite,l’acqua,il frigorifero,le modalità d’intervento,i ristori,le parole da dire e non dire in caso di difficoltà (abolizione della parola ritiro). Una cosa importantissima è la decisione del cambio d’alimentazione durante la gara rispetto alla Spartathlon,decidiamo di mangiare fin da subito cibi solidi e di portare con me sempre una bottiglietta d’acqua. Rispetto alla corsa ellenica un cambiamento radicale, lì la nutrizione fu tutta a base di gel e liquidi e la bottiglia d’acqua la presi dopo ottanta chilometri.Due ore di riunione a casa di Andrea.Tutto programmato nei minimi dettagli,non potevamo sbagliare e così è stato. Come dico sempre,solo una rottura fisica ed il relativo stop del medico ci poteva fermare,fortunatamente ciò non è avvenuto anche se avevo un leggero timore perché avevo sofferto per un infortunio al bicipite ed al tricipite femorale destro fino a qualche ora prima dello start. Tutto pronto quindi,non ci resta che partire carichi di belle speranze alla volta di Cesenatico dove all’hotel Anthos ci aspettano altri atleti e Mario,l’organizzatore, che poi consegnerà i pettorali. Il pomeriggio trascorre tranquillo,l’atmosfera è di quelle giuste,si ride e si scherza cercando di non pensare all’imminente gara .Faccio la conoscenza di altri pazzi ma più pazzi di me che pure sono uno da legare,quindi provate solo ad immaginare l’ambientino,noto con piacere che ci sono tante persone che son venute dall’estero segno questo dell’importanza e dell’ottimo livello raggiunto dalla manifestazione,tanti italiani,molti dei quali già compagni di tante battaglie sulle strade di tutt’Europa. In tarda serata il meritato riposo e poi un attimo dopo, come se qualcuno si fosse divertito a spostare in avanti manualmente le lancette dell’orologio volendo godere delle nostre sofferenze, è già l’alba con quell’odore del mare che a me uomo del sud da una carica inesauribile ed una calma inenarrabile. Nel frattempo arriva l’altro generale,Andrea, che sarà con noi e ci seguirà per tutta la campagna della Nove Colli,si mettono a posto le ultimissime cose e si parte alla volta del centro di Cesenatico,verso il porto canale che ospita un presepe di barche d’epoca che è veramente una visione magnifica e molto particolare. La banchina pullula di persone,di atleti,di giornalisti e di fotografi. Il sole è già bello alto ed il caldo già fa presagire a un pomeriggio torrido. Verso le undici inizia il discorso di Castagnoli a tutti noi. Ci ragguaglia su alcune cose che potrebbero accadere,ci mette al corrente della pericolosità in alcuni tratti di strada vista la concomitanza della corsa di bici del giorno dopo ed infine ci da anche dei buoni consigli per superare dei momenti di crisi. In alcuni tratti della parlata,Mario,s’emoziona e a dir a verità per induzione trasmette anche a noi questa sensazione,questo brivido freddo e glaciale. Sa che potrebbe essere l’ultima edizione di questa magnifica kermesse e come un papà che vede il figlio allontanarsi per sempre cerca in tutti i modi di tenerlo a se aggrappandosi alle sue vesti che inesorabilmente si sfilacciano ma fino a quando non ci sarà lo strappo lui non mollerà e noi non molleremo. FORZA MARIO. Verso le undici e quaranta siamo tutti fuori,ci sono le foto di gruppo da fare,l’appello e poi la benedizione del parroco. Troviamo un bagno per bagnarci il cappellino in modo che la nostra testa rimanga sempre fresca,facciamo quattro chiacchiere con i fratelli Aiudi che hanno la loro mission nel portare al traguardo la loro amica Paola,ridiamo e scherziamo come mio solito. In cuor mio anche io ho un compito d’assolvere ed è quello di portare al traguardo un amico,un amico che non c’è più fisicamente ma che è vivo nei ricordi di tutti noi,quel Paolo Zucca che al traguardo della sua prima maratona,nella sua città Milano,ha deciso di andarsene. “Paolo hai portato a compimento la tua prima maratona e con me porterai alla fine anche la tua prima ultra,te lo prometto”,questo mi dicevo e mi ripromettevo negli ultimi due mesi, quando mi allenavo stoicamente ed avevo la sensazione che fossimo in due. Eccovi spiegato il motivo per il quale ho parlato e parlerò sempre al plurale e mai in prima persona. 10,9,8,7,6,5,4,3,2,1...è mezzogiorno. VIAAAAAAAA,si parte. I primi ventuno chilometri sono ad andatura controllata,forse il tratto più brutto. Siamo tutti in gruppo perché da regolamento bisogna arrivare a Settecrociari tutt’insieme e poi alle 14 parte la gara in solitaria. Questo pezzo di strada fa in modo che ci si diverta,ci si riscaldi o surriscaldi vista la temperatura non proprio fresca. Il buon umore non manca,giunti in località Borella qualcuno esclama :”Ecco,potava mai mancare Santo ? (Grande persona dei Runners Bergamo)”. Nel gruppo la parte dell’istrione la fa quel Luca Zava anche lui finisher di questa e di altre manifestazione analoghe. Con la sua verve,il suo modo di fare tiene alto il morale. Corre in costume il grande Luca e sarà un validissimo aiuto per tutti noi lungo l’intero arco dei 202,4km. Insieme ai suoi amici,in macchina seguono la corsa,li vedi sbucare all’improvviso,sempre il sorriso stampato sulle loro facce,sempre una parola d’incoraggiamento per tutti,quando vedevamo la Zava’s car o i Luca’s friends era per noi un momento felice perché sapevamo che potevamo contare su di loro,anche solo per un attimo anche solo per un sorriso o magari anche per una birra. C’è anche Ivan Cudin in gruppo con noi,non può scappare l’ingegnere friulano,almeno fino alle 14. Parliamo un pò e sentiamo che può fare una gran gara. Molte fontanine lungo il percorso aiutano a rifocillarci,i ristori buoni,pieni di frutta e bevande, sono ben accetti da tutti noi. L’unica nota stonata è un pò di traffico e qualche incrocio pericoloso ma sarà niente se poi lo inseriamo nel paesaggio dentro il quale andremo a correre. Una goccia di petrolio in un mare azzurrissimo ed incontaminato pieno di pesci multicolori,insomma sarebbe meglio se non si fosse,però va bene lo stesso. Verso le 13.50 arriviamo al primo ristoro grande,da dove poi ognuno alle 14 partirà per la sua avventura. Chiediamo ad Andrea il primo cambio di calzini ed un pò d’integratori,detto fatto,con una rapidità degna di superflash m’appare il grande Enrico Vedilei con quello che avevo chiesto. Mangiamo un pò di pasta con grana e questa volta si parte sul serio. Si attacca subito il primo colle,è tutto ok e come da copione siamo molto lenti,quasi camminiamo. Siamo molto tranquilli perché basiamo la nostra forza su due cose: Questa corsa l’hanno già fatta altri e possiamo farla anche noi e poi che il tempo non si ferma e la domenica pomeriggio arriverà portandoci in dono il momento in cui attraverseremo il traguardo.Il caldo è ormai opprimente e la presenza di Andrea è già molto importante. Verso 15 scolliniamo dal Polenta intorno alla trentesima posizione. Dopo un pò raggiungiamo Stefano ed Antonio,si proprio Antonio Mammoli,colui che insieme a pochi altri ha scritto la storia della Nove Colli partecipando a tutte l’edizioni talvolta vedendolo anche vincitore. Antonio,persona di cuore e di una bontà fuori dal comune,sta accompagnando il suo amico al traguardo,entrambi sono seguiti da una macchina d’appoggio e da Alessandro Papi,anche lui un grandissimo delle lunghissime distanze. Come due poli che s’attraggono ci uniamo e decidiamo di fare un pò di strada insieme,sarà così per una quarantina di chilometri. Quando ormai sono le cinque del pomeriggio,inizia la salita del secondo colle e siamo giunti al quarantasettesimo chilometro e mezzo. Il nostro incedere è prudente,ci fermiamo alle fontanine disseminate lungo il tragitto abbeverandoci di quel liquido trasparente e meraviglioso che è l’acqua. Purtroppo Stefano inizia ad avere i primi crampi,soffre il toscano ma stringe i denti,decidiamo di farlo stare un pò da solo in modo che la nostra presenza non lo opprima,lo facciamo andare avanti,si riprende. Talvolta compare Alessandro col quale si scambiano quattro chiacchiere sul Brasile ed intanto il tempo ed i chilometri trascorrono. Il mio amico Andrea col suo lavoro di supporto man mano che passano le ore diventa sempre più importante,ci fa da ristoro volante,prende le telefonate degli amici che vogliono sapere,ci indica il percorso che da li a poco andremo ad intraprendere,alla fine sarà FONDAMENTALE per la riuscita della gara. L’orologio ormai ci dice che sono quasi le 18,la vetta del secondo colle s’avvicina,è tutto ok ed il sole ormai in fase calante ci regala delle ombre,dei colori e dei giochi di luce degni dei migliori quadri. Stiamo per superare il cancello di Pieve di Rivoschio,lo faremo poi in 6h 34’. .Attacchiamo il terzo colle,il Ciola. Lungo il percorso si vedono ogni tanto con il loro camper Andrea e Monica,due grandissimi amici prima e fantastici atleti. C’incoraggiano,si fermano offrendoci delle fragole e ci prendono pure in giro. Tutto bello,forse anche troppo. Dopo una settantina di chilometri sul Ciola,stiamo ancora bene,l’aria incomincia ad essere più fresca. Vedo però che rispetto ad Antonio e Stefano,noi perdiamo in salita per le mie leve corte così dopo un pò ci separiamo,ma ciò non significherà perdersi,anzi,resteremo sempre in contatto grazie ai nostri amici che ci seguono. Siamo giunti al settantasettesimo chilometro la discesa del terzo colle è finita la temperatura è scesa intorno ai 18 gradi. Non abbiamo freddo però cambiamo maglietta mettendone una fosforescente,ci armiamo di fasce catarifrangenti,di luce e prendiamo il telefono. Ci chiamano gli amici cari,ci aiutano a far trascorrere i chilometri. Saranno loro la nostra stella cometa lungo la notte,il nostro faro sul molo che non ci farà infrangere sugli scogli nella navigazione notturna dentro una tempesta di sensazioni,in un turbinio di emozioni. La notte ha ormai vestito di blu le vallate,del giorno,ormai,ci restano solo le eco di un caldo asfissiante. Con tutta calma iniziamo la salita del quarto colle,il Barbotto,col suo ultimo tratto al 18% di pendenza. Mi viene in mente una battuta che mio padre faceva sempre: “ Il Barbotto? Si al Barbotto faccio la barba e vado via...” Ore 22.10,sorridenti,sereni e tranquilli,anticipati da suoni di campanacci,applausi e grandi incitamenti arriviamo in cima intorno alla ventiseiesima posizione. Ci presentiamo a quello che è un fantastico ristoro,dove c’è di tutto e dove veramente puoi fermarti per rifocillarti e fare il pieno di energie. Sono li proprio tutti gli amici: Monica,Ilaria,Andrea,Enrico e tantissimi altri,l’allegria regna sovrana,sembra una festa di paese ma,in questo punto del percorso per noi gioioso perché ancora freschi e pieni di vita, ci saranno tanti atleti che scriveranno la parola fine alla loro competizione,vuoi perché già deciso in precedenza e vuoi perché sopraffatti dalla fatica e dalla stanchezza. Noi ci permettiamo il lusso di farci dei massaggi con gli addetti che ci dicono che abbiamo le gambe senza indurimenti e belle sciolte. Mangiamo un piatto di pasta e poi ci rimettiamo in marcia non prima però d’aver indossato una maglietta a maniche lunghe. La notte è ancora lunga e tantissime sorprese avrà ancora in serbo per noi. Iniziamo la discesa,l’aria sempre più frizzante porta con se i sapori dell’oscurità,le tenebre ci avvolgono in un abbraccio,ci stritolano fino a farci mancare il respiro. Viviamo nell’irrealtà,in un mondo non mondo,in un’altra dimensione,sembriamo tante entità vaganti che cercano un qualcosa,un qualcuno che le aiuti a passare dall’altra parte,dalla notte al giorno,dall’incubo al sogno. Siamo delle anime che cercano il proprio Caronte che, con la sua barca,nel nostro immaginario,ci aiuterà ad oltrepassare il fiume Acheronte. A dir la verità noi il nostro Caronte ce l’abbiamo ed è Andrea che così come noi sta trascorrendo la notte senza dormire,anzi fa ancora di più perché anticipandoci sul percorso ci mette in guardia dalle sue insidie. PREZIOSISSIMO. Quando ormai il sabato sta per morire arriviamo a Ponte Uso,centouno chilometri corsi e siamo intorno alla ventiquattresima posizione. Attacchiamo il quinto colle,anche lui non male con un tratto di pendenza al 16%. Ora sentiamo la stanchezza dovuta alla mancanza di riposo nei giorni precedenti. Con il giorno nuovo sorto ormai da un’ora e mezza che ci accompagnerà a Cesenatico fino al traguardo,ne siamo sicuri, anche il monte Tiffi è conquistato, più della metà dei colli è stata “asfaltata”. La temperatura è intorno ai dodici gradi,iniziamo ad avere i brividi,abbiamo freddo e strani pensieri potrebbero far capolino ma siamo duri,non ci facciamo intimorire,chiamiamo a noi il fido Andrea e ci facciamo dare un pile smanicato,i guanti,uno scalda collo ed il cappello... Altro che mese di maggio sembra d’essere alla maratona del Brembo che avevo corso a gennaio. Di ciò ce ne freghiamo,quest’abbigliamento ci servirà per andare avanti,lo indossiamo incuranti di tutto e di tutti,d’altronde l’avevamo previsto e va bene così. A questo punto della corsa però c’è una delle ascese più lunghe,sesto colle,il Perticara. Con i suoi nove chilometri di salita è un mostro,so che impiegheremo un paio d’ore per scalarlo ed è qui che la stanchezza diventerà prima sofferenza e poi atrocità. Momenti difficilissimi accompagneranno la nostra salita,i passi sono cortissimi,spostiamo il baricentro molto avanti quasi a toccare l’asfalto col viso cercando di andare avanti aiutandoci col peso del corpo, i riflessi sono molto annebbiati ormai solo un barlume di lucidità ci resta ma è quello che ci farà arrivare su. Lungo la strada vediamo Andrea da lontano,è fermo sul ciglio della strada, ci sembra di avere le allucinazioni perché scorgiamo una persona in macchina.”Ma non era da solo Andrea ? Cavolo se vediamo un’altra testa allora non siamo tanto lucidi come crediamo”. Lo raggiungiamo e con piacere vediamo che non siamo del tutto cotti,c’è realmente un altro atleta col nostro amico. Un ragazzo ormai spossato dalla stanchezza che si era messo al caldo perché vinto dalla corsa e chiedeva di essere portato su al ristoro per ritirarsi. Andrea ci chiede se può lasciarci da soli per una ventina di minuti in modo da soccorrere il nostro sventurato compagno di gara. Noi feriti ma non morti,dispersi nell’oceano in tempesta aggrappati ad un pezzo di legno, consapevoli che ci fosse una persona che aveva più bisogno di noi, gli diciamo di andare tranquillo. Il nostro grande amico parte,lo vediamo andar via,si allontana sempre di più e lo perdiamo inghiottito dalla notte. Ora siamo soli,senza assistenza,ci chiediamo se abbiamo fatto bene a privarci della sua presenza,la risposta un attimo dopo è stata :”SI”. C’era una persona d’aiutare ,aveva bisogno ed era stato giusto così,d’altronde noi eravamo comunque in due. Continuiamo la nostra ascesa,la nostra lenta ascesa pensiamo alle tante cose accadute durante gli allenamenti,tanti particolari vengono a galla nel mare della nostra mente come i resti di un’imbarcazione naufragata portati a riva dalla risacca,tanti frammenti di ricordi,schegge di vetri in frantumi invadono la nostra testa,tante cose fantastiche che si trasformano in terrificanti. Tutto ciò è come una cascata di acqua fredda che ci bagna e ci rigenera,abbiamo bisogno di cibarci di questo per andare avanti e per non mollare. Questa è la vita e lo sport non è altro che la sua trasposizione,può piacere oppure no. Alle 03.37 arriviamo in cima,abbiamo perso tantissime posizioni,siamo quarantaseiesimi. Decidiamo di fare una sosta un pò più lunga dato che c’è un altro grande ristoro. Ci facciamo fare dei massaggi,adesso i muscoli sono un pò più duri ma niente di cui preoccuparsi,fisicamente siamo preparati non temiamo niente e nessuno. Mentre siamo sul lettino che ci facciamo manipolare entra la Valentina,la compagna di un nostro amico col quale dividemmo una lunghissima notte avvolti da una tempesta d’acqua alla Spartathlon l’anno scorso. Le chiediamo di Paolo,della sua gara e delle sue condizioni,mentre sta per rispondere arriva lui,stò toscanaccio che non s’allena quasi mai per i suoi impegni di lavoro ma che ha un cuore enorme e finisce sempre le gare. Scambiamo qualche battuta ironica e poi gli lasciamo il lettino per i suoi muscoli. Andiamo fuori,chiediamo cortesemente un piatto di pasta ed intanto mangiamo un panino bevendo anche della coca cola. Arriva anche la simpaticissima Ilaria che segue in macchina alcuni amici ed anche con lei si chiacchiera un pò. Vediamo a questo punto una bella panchina che sembra chiamarci,come una bella donna ci ammalia e noi cediamo. Abbiamo ancora un pò di tempo e così diciamo ad Andrea che ci addormentiamo un quarto d’ora. Passato questo brevissimo lasso di tempo urliamo ai giudici che ripartiamo. Abbiamo freddo perché non ci siamo coperti quando dormivamo,ci facciamo dare il k-way in modo da non disperdere
il preziosissimo calore corporeo. Sembra che la lunga sosta ci abbia giovato. Siamo più freschi,la corsa è più sciolta e sembriamo rigodere del nostro cammino. Una scia di lucciole ci tiene compagnia facendo da contraltare alle stelle che brillano nel cielo, è tutto un’accendersi e spegnersi,è meraviglioso. Lungo la notte tanti atleti ci hanno passato ma noi abbiamo sempre guardato avanti senza mai avvilirci anzi abbiamo avuto la forza anche di incoraggiare chi fosse più in difficoltà di noi,come quando abbiamo incontrato Marco,che ci ripeteva:”Mi ritiro,adesso mi ritiro”,son bastate alcune parole,qualche urlo affinchè l’amico veneto si riprendesse alla grande per poi ripassarci più avanti ed essere ripreso a qualche chilometro dall’arrivo. Intanto ore e chilometri si susseguono come i passi di un battaglione che marcia,inesorabili, anche il buio sta per lasciare il passo alle prime luci dell’alba e nell’aria si sente solo il rumore dei nostri passi e l’ansimare dei nostri respiri. Chiamiamo la nostra solerte ammiraglia per rifocillarci un tantino ed iniziamo a svestirci un pò degli indumenti pesanti che indossiamo. Ancora un poco su e giù per i colli e s’avvicina Andrea che ci dice che Ivan ha vinto la gara in 18h e mezza circa,una sola parola ci rimbalza nella testa.” MOSTRUOSO”. Ormai è l’alba siamo al km 137,ci ricambiamo gli “abiti” da corsa per essere pronti al caldo della giornata. Lungo il tragitto tante cose rapiscono la nostra attenzione: Casolari,piante,animali ma, la vista della Rocca di San Leo è uno spettacolo da togliere il fiato per la posizione,per la bellezza e perché sappiamo che è intrisa di storia. Si narra che il mago Cagliostro, riuscito ad evadere da tutte le prigioni che l’avevano visto detenuto in precedenza, fosse morto lì non riuscendo nell’impresa di fuggire anche da queste mura. Verso le otto siamo in pieno recupero ed intorno al km148 transitiamo in ventisettesima posizione,adesso è l’ora d’attaccare l’ottavo e penultimo colle. La luce ormai ha sopraffatto il buio,anche la temperatura pian piano inizia ad alzarsi. Verso le 09.25 abbiamo superato il passo delle Siepi e siamo al km 158,un pò stanchi procediamo,sempre,però, molto fiduciosi perché ormai abbiamo da correre circa una maratona e c’è tantissimo margine ancora, nello stesso tempo sempre consapevoli del fatto che in gare del genere l’imprevisto lo puoi trovare un attimo dopo. Gestiamo l’energie in vista dell’ultimo colle,così anche in discesa cerchiamo d’essere più controllati nel nostro incedere. Già da qualche ora s’incontrano dei ciclisti per strada,ci facciamo coraggio gli uni con gli altri,è molto bello questo modo d’incitarsi,questo scambio d’emozioni,roba d’altri tempi,un sapore di eroico. Manca un’ora a mezzogiorno ed iniziamo l’ascesa al Garolo,nono ed ultimo colle che per regalo ci dona una salita di cinque chilometri con un ultimo strappo al 17% di pendenza la quale, dopo circa164 km nelle gambe e 23 ore di corsa, non può propriamente dirsi una passeggiata. Molti spettatori sono seduti all’ombra ai bordi della strada, aspettano i ciclisti,un pò d’invidia c’assale ma, alla nostra vista si congratulano,c’incitano e ci chiedono come facciamo a correre da così tanto tempo. Nascono dei simpatici siparietti che ci permettono d’alleviare le nostre fatiche. Ormai delle campane si odono i rintocchi,è mezzogiorno e siamo in cima all’ultima asperità. Con tranquillità assoluta ci sediamo,mangiamo e riposiamo un attimo. Accanto a noi sdraiato su una sedia c’è un altro atleta che posa le sue membra su una sedia,i volontari ci dicono che è lì da un pò di tempo e dorme alla grande. Andrea è lì con noi e non ci fa mancare mai il suo incoraggiamento,continua col suo incessante lavoro a fare in modo che la nostra corsa abbia un esito positivo,i sincronismi tra di noi sono perfetti,basta un cenno da lontano e lui capisce che abbiamo bisogno d’acqua,un’occhiata in un certo modo ed è coca cola,un’andatura particolare ed è a correre con noi per diverse centinaia di metri con lo spruzzino in mano a bagnarci testa e corpo              ( simpatica questa trovata,l’abbiamo mutuata da un filmato sulla Badwater Ultramarathon,quando si dice la cura dei particolari...). Durante la notte parcheggiava la macchina e faceva un pò di strada con noi,c’indicava le caratteristiche del percorso con le sue discese non discese,infatti come m’aveva detto Marco,a guardare l’altimetria sembrava quella bella maratona che da Barchi si porta fino a Fano,dove ci sono discese sulla carta che poi nella realtà vai a vedere sono una serie continua di saliscendi che ti distruggono. Nel venir giù dal Garolo è ormai anche gara per i ciclisti,la pericolosità aumenta in maniera esponenziale per noi,per loro e per Andrea in macchina. Attimi di vero panico si verificano lunghe le stradine piene di curve,brividi lungo la schiena di tutti in alcuni tratti di discesa ed è così che arriviamo al km 186 e l’orologio ci avverte che sono le ore 14. Siamo circa verso Savignano e come novelli Cesare attraversiamo il Rubicone,la sola differenza e che noi muoveremo in direzione riviera romagnola e lui in direzione Roma. Da lontano,prende forma LUI,il grattacielo di Cesenatico. La stanchezza fisica ormai è solo un vago ricordo,le sofferenze patite durante la notte sono svanite velocemente come i fulmini prima dei roboanti tuoni durante quei bei temporali di primavera che rinfrescano l’aria.Con tenacia e forza di volontà ferrea andiamo avanti. All’orizzonte quel mostro di cemento sembra aspettare gli atleti con le fauci aperte,non è così per noi. Vediamo in lui una tenero papà che non vede l’ora d’accogliere il proprio figlio a braccia aperte,di accarezzarlo e di coccolarlo una volta che è tornato a casa con la canottiera ancora sudata dopo averlo visto orgoglioso correre per la prima volta sulla pista del piccolo paese. Un cartello stradale indica Gatteo mare, nella nostra mente pensiamo:”E’ fatta “ Le strade sono deserte non ci sono persone,solo noi,i ciclisti ed i volontari,ormai ci siamo, lo sentiamo. Un cenno ad Andrea,tiriamo fuori la bandiera dell’Inter e la canottiera della società per l’arrivo e la mettiamo da parte,beviamo uno degli ultimi sorsi d’acqua e mentre facciamo tutto ciò ci mette a conoscenza delle telefonate che arrivano da parte dei familiari,dell’allenatore e degli amici. Lui sta rassicurando tutti,ora anche a casa sono abbastanza tranquilli. I chilometri al termine sono ormai dodici,raggiungiamo Luciano,cammina,lo sproniamo un pò. Non abbiamo voglia di camminare ma solo di correre,di sprigionare allegria e felicità anche se galleggiamo sulle vesciche dovute ad un cattivo appoggio del piede figlio di un infortunio assorbitosi poche ore prima della partenza ma che inconsciamente ci faceva correre in una posizione non corretta. Ci ricordiamo,nonostante ciò, che gli ultimi chilometri potrebbero essere chiusi alle macchine allora ci riavviciniamo alla nostra vettura,prendiamo la bandiera,svestiamo la maglia mettendo la canotta societaria ed iniziamo a volare. Qui Andrea ci racconta un aneddoto,mio fratello lo ha chiamato per chiedergli come stava andando la corsa,alla sua risposta che conteneva tra l’altro la storia che avevo già sistemato la bandiera dell’Inter,lui ha esclamato :”A questo punto mio fratello è ok,se è così, non ci sono dubbi,arriva sicuramente! “ Ripartiamo,la nostra auto ci precede e ci indica la strada anche perché nonostante sia magnificamente tracciata e segnalata ci sono tante rotonde che potrebbero indurre all’errore dopo tanti chilometri e tante ore di gara. Tutti gli atleti che incontriamo e superiamo camminano forse per stanchezza,forse comunque perché convinti d’aver portato a compimento un’impresa. Ripassiamo il grande Marco che voleva ritirarsi durante la notte,grande forza la sua; ritroviamo Stefano con ancora i suoi crampi che gli fanno compagnia,grande caparbietà... A questo punto però la domanda sorge spontanea:” Ma Mammoli dov’è ?” Il buon Antonio era qualche chilometro più avanti,credo che lo possa scrivere non me ne vorrà male,aveva lasciato un pò Stefano da solo per non opprimerlo con la sua presenza come avevamo fatto il giorno prima quando eravamo tutti insieme e adesso era lì all’ombra insieme ad Alessandro che lo aspettavano, che cuore questi due campioni. Noi passiamo di corsa,gli urliamo qualcosa,lui con un sorriso enorme ci saluta ed in quell’istante è come se sentissimo il suo abbraccio poderoso,la sua stretta forte. :”Porca miseria Antonio,così ci fai piangere”,iniziamo ad emozionarci e a correre sempre più velocemente. Sono le 15.00,mancano soli sette chilometri all’agognato traguardo. Sulla nostra strada c’è Giancarla,corre ancora anche lei la piemontese,sarà poi la seconda donna al traguardo,le grido che è finita e la passo in scioltezza. Stenta a credere ai suoi occhi,non riesce a capacitarsi della nostra esuberanza,”Ma come fai,ma come fai “,mi urla non sapendo che siamo in due,non lo può sapere che anche Paolo è con me. Ormai siamo in estasi,ci portiamo le mani alla testa,singhiozziamo,credo che anche Andrea in questo momento in macchina stia vivendo lo stesso stato d’animo. Ultimo cavalcavia,curva a sinistra,si scende,un volontario comunica il numero al traguardo. Gli addetti al traffico ci battono il cinque,duecento metri e poi ultima curva a sinistra,ci prepariamo prendiamo il bandierone. La scritta arrivo. Ormai è solo gioia,felicità e allegria. La strada fatta non la ricordiamo più,solo quattrocento metri del lungomare Carducci ci dividono dalla gloria. La gente applaude,due ali di folla impazzite accompagnano il nostro incedere,il bandierone dell’Inter sventola alto sulle nostre teste,salutiamo tutti,piangiamo di commozione,abbracciamo idealmente il mondo intero,vorremmo che in questo momento,come per incanto,si fermasse il tempo,ci piacerebbe scolpire nella roccia,se si potesse,questa nostra felicità e lasciarla ad imperitura memoria. Questa è felicità allo stato puro. I metri passano anche abbastanza velocemente,vogliamo godere di questi attimi come un assetato quando trova una fontanina lungo il suo percorso e sa che non ce ne saranno più. Vediamo Ivan,Monica,Andrea,credo Enrico che sono felici come noi. Il traguardo,Mario che ci viene incontro,ci siamo,pochi metri e poi l’urlo liberatorio:”Paolo ce l’abbiamo fatta”! Abbraccio lo speaker e poi Mario,ci indicano dove andare a ritirare il diploma e dove ristorarci. Consegnano la medaglia a me,ma io non ho corso da solo,Paolo è stato con me,merita anche lui il riconoscimento. Vado da Castagnoli gli parlo della mia corsa,della nostra corsa e lui da quel gran signore che è me ne da subito un’altra emozionandosi anche. Adesso io quella medaglia la porterò ai familiari del nostro amico Paolo Zucca,voglio fargli capire che il loro caro resterà sempre vivo nelle nostre menti,ed io ogni qual volta correrò qualche gara particolare lo farò sempre portandolo con me perché una persona muore veramente quando non c’è neanche più il ricordo. Dopo il ristoro e qualche foto arrivano anche i due amici toscani che s’abbracciano,sono felicissimo del loro arrivo,gli vado incontro e mi complimento con loro. Intanto Andrea,parcheggiata la macchina e scavalcato qualche transenna arriva come una saetta in zona arrivo,mangia meritatamente e giustamente poi dopo qualche magia con la macchina ritorniamo in albergo. Doccia un leggero e breve riposo,poi la cena con premiazione finale. Niente a che vedere con i fasti della Spartathlon ma comunque bella e godibilissima perché fatta da gente semplice e spontanea che ci ha accolto a braccia aperte e ci ha regalato dei giorni che come ho detto all’inizio sono stati di DEVASTANTE E ALLUCINANTE BELLEZZA. Adesso sono giunto proprio alla fine e come ogni buon finale che si rispetti ci sono le dediche ed i ringraziamenti,sperando di non dimenticare nessuno pena ricorrerla l’anno prossimo. Questo mio viaggio lo dedico all’amico Paolo Zucca che ha corso con me anche la sua prima ultra maratona. Voglio ringraziare Andrea,come non potrei ? Senza di lui ci sarebbero state molte più difficoltà, non oso immaginare come poteva essere la gara senza la sua presenza. Un grazie va anche al mio allenatore Vincenzino Esposito che mi ha preparato in modo perfetto e senza sbavature. Alla mia società Reggio Event’s che,anche non essendo io un top runner,mi mette a disposizione tutto ciò che serve.Grazie a chi, durante il giorno si è informato delle nostre condizioni telefonando ad Andrea e a chi ha continuato a farlo anche durante la notte tenendoci compagnia, parlando direttamente con noi. Un grazie alla mia famiglia che fa degli enormi sacrifici a starmi dietro con gli orari per allenamenti, per i pranzi e per le cene. Grazie anche al sito di Marathon truppen che ha seguito ora dopo ora la corsa nostra e quella degli amici Aiudi. Un grazie va anche alla Turin Marathon con la quale ho una partnership. Grazie al sito che in questo momento mi fa il piacere di pubblicare questo mio articolo. Grazie a tutti i miei amici di facebook che mi seguono con simpatia ed affetto non facendomi mai mancare il loro incitamento. Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere questo articolo e chiedo scusa se vi ho annoiato. Ho dimenticato qualcuno ? Mannaggia mi toccherà ricorrerla l’anno prossimo...

venerdì 6 maggio 2011

Vercelli : Maratona del riso 2011.

Si può essere contenti dopo aver corso una maratona col peggior riscontro cronometrico mai fatto registrare? Clamorosamente, la risposta è SI !!! No,non sono pazzo nell’affermare ciò che ho testè scritto. Venivo da un leggero infortunio muscolare al bicipite ed al tricipite femorale destro e dovendo correre tra tre settimane la Nove colli (202km),foschi pensieri,come nuvoloni neri carichi di pioggia,si addensavano all’orizzonte. La gara vercellese doveva confermare alla mia testa che un raggio di sole stava spuntando dalla coltre plumbea che si stagliava ai confini della mente e sperare poi che, nell’immediato futuro, il tempo sarebbe stato capace di farla sparire pian piano e del tutto come la neve quando è esposta ai raggi caldi del sole. Dalla maratona del riso ho avuto questo riscontro e ne sono stato felice. Il week-end in terra piemontese è stato veramente piacevole e mi ha arricchito anche culturalmente grazie alle visite ai musei e ai luoghi artistici che mi regalo sempre nelle città dove corro. Esservi ritornato dopo qualche anno d’assenza non ha fatto altro che confermare quello che di bello già pensavo della città delle terre d’acqua,inserita giustamente nell’elenco dei più bei luoghi d’arte della penisola. Vorrei,dopo questo preambolo,ringraziare il Comitato Organizzatore che mi ha fatto omaggio del pettorale e scrivere che per quello che mi ha riguardato,tranne qualche piccolo dettaglio,tutto è filato per il verso giusto. I piccoli nei riscontrati sono stati la mancanza di bagni chimici lungo il percorso (costa così tanto noleggiarli?),la mancanza di cartoni dove poter buttare via le spugne ed i bicchieri subito dopo i ristori (è un iter così lungo farne richiesta all’ente preposto alla raccolta dei rifiuti?) ed infine il primo ristoro, un pochino troppo piccolo il tavolo e dato in gestione ad una sola signora che si è vista arrivare addosso uno tsunami formato da atleti che,specialmente nei primi chilometri,nelle retrovie, viaggia ancora molto compatto e che non pochi problemi ha creato. A questo punto però voglio e devo dar voce anche a quella nutrita schiera di atleti che al traguardo,prima e al pasta party,poi, si lamentava del ristoro finale in cui l’acqua era scarsissima,che al ritiro della medaglia gli avevano risposto che le avevano finite ed infine che nel pacco gara non avevano trovato la maglietta della loro taglia. Tralasciando quest’ultimo dettaglio (io abolirei il pacco gara a fronte di servizi buoni),credo sia grave e pericolosa la penuria d’acqua alla fine e poco delicato e rispettoso non dare la medaglia a chi arriva dopo aver sudato per quarantaduemilacentonovantacinque metri,anche se poi,spero anzi ne sono sicuro,verrà spedita a casa. Gli organizzatori potranno dire che sicuramente il numero d’iscritti sia stato superiore alle attese ma ciò non è una scusa plausibile e valida. Se non chiudi prima le iscrizioni e dai la possibilità (giustamente!) di farle fino all’immediata vigilia della manifestazione,devi mettere in preventivo che le adesioni possano essere più numerose del previsto. Infine, come avviene nella maggior parte delle gare,perché non mettere due volontari a consegnare le medaglie subito dopo l’arrivo? E’ li che l’atleta deve essere premiato perché la medaglia non è una “cosa”da dare in modo freddo a trecento metri di distanza e peggio ancora non farla proprio trovare. Questo simbolo o meglio la consegna dello stesso è il coronamento alla prestazione,il premio alla fatica,la consacrazione della gioia e questo vale per il primo arrivato fino all’ultimo che taglia il traguardo magari camminando e forse rantolando ma che nel cuore ha solo quel trofeo che gli viene consegnato e che conserverà a lungo nei suoi ricordi. Ognuno fa della corsa che corre in quel momento il suo mondo,ne scrive la storia da protagonista ed è giusto che sia importante alla stessa maniera dei top runners. Queste parole le dovevo agli amici che mi hanno incontrato e che mi hanno pregato di dargli voce. In tutta onestà non ho alcun dubbio sulla veridicità di quello che mi è stato raccontato anche se realmente e di persona non l’ho potuto verificare subito ma ne ho avuto un riscontro indiretto dopo un pò. A questo punto però con la stessa solerzia con la quale ho fatto da cassa di risonanza agli sfoghi dei miei amici podisti così mi arrogo,simpaticamente, il diritto di fare una tiratina d’orecchie ai pochi? Ai tanti? Io dico ai moltissimi pedestri (adesso m’attirerò le ire di qualcuno) che ieri erano a Vercelli e che in generale popolano le gare domenicali. D’accordo,non tanto,(ma in mancanza di contenitori…) di buttare a terra i bicchieri di plastica e le spugne ma lanciarli nelle risaie al di la della sede stradale mi è sembrato,oltre che un gesto di poca creanza anche un esempio di cattiva educazione che, purtroppo ormai, è insita in noi e che non c’accorgiamo di avere. Mi è sembrato di rivedere le orde di barbari,Visigoti prima e Unni poi, che imperversarono nella zona nei secoli passati. Al ristoro del trentacinquesimo,come faccio SEMPRE,mi son fermato,ho bevuto ed ho cercato la busta dove poter riporre il mio piccolo rifiuto (io la gara non la devo vincere o cercare il miglior tempo,mi devo solo allenare per le corse più lunghe,mi devo divertire e poi se pure lottassi per vincere a cosa mi servirebbe non mostrare senso civico,sarei più veloce?),la gentile signora che era addetta al tavolo mi ha detto:”Grazie,sei stato l’unico…”.Nell’andar via,ringraziandola,non sono stato molto contento. Deluso e molto amareggiato dalle sue belle parole, vi ho letto un’amara constatazione di inciviltà latente in ognuno di noi di cui la donna aveva preso coscienza facendomene partecipe. Dai amici miglioriamo un pò,si può e si deve !!! Qualcuno dirà che io scriva sempre le stesse cose però, se questi fatti si ripetono,vuol dire che non sono in tanti che leggono ed io continuerò la mia battaglia. Ancora un’altra tiratina d’orecchie a noi corridori la devo fare e questo dopo aver ascoltato i volontari che sedevano accanto a me a pranzo,questa è stata la conferma che ho avuto dei problemi di cui prima facevo mensione. Che senso ha inveire ed innervosirsi contro le persone che prestano la loro opera ai gazebo dei ristori finali e con quelle al ritiro medaglie ??? D’accordo che alla fine si è stanchi ,si è vinti dalla spossatezza,si è poco lucidi e che avete,abbiamo pienamente ragione per quello che ho accennato prima ma ricordiamo che quei signori sono lì per noi e ci stanno dedicando il loro tempo,sottraendolo alle loro famiglie ai loro affetti. Noi facciamo dei sacrifici spostandoci di centinaia di chilometri per raggiungere la varie sedi delle manifestazioni,lo facciamo con cuore con passione e lo stesso cuore e la stessa passione muove questa brava gente che va rispettata così come noi il rispetto lo esigiamo e giustamente. Se abbiamo,avete,qualcosa da dire,da recriminare bastano due righe all’Organizzazione che non è , non sarà mai, sorda ai nostri reclami,oppure bastano degli articoli da far pubblicare sui vari e seguitissimi siti che si occupano del nostro sport,del nostro mondo,così come faccio sempre io. In fondo se c’è confronto abbiamo da guadagnarci tutti,però ricordiamoci sempre l’educazione ed il rispetto per le persone e le cose. Dobbiamo anche imparare a recitare il mea culpa quando sbagliamo e poi anche mettere in risalto quando un cambiamento positivo c’è stato… Lo dobbiamo fare perché siamo la parte sana del mondo dello sport. Voglio raccontarvi un piccolo aneddoto relativo alla maratona di Vercelli di qualche anno fa quando vinsi una piccola somma di denaro perché secondo di categoria. Passavano i mesi e non mi veniva recapitata,un giorno però leggendo un articolo su un sito e guardando la pubblicità che si faceva la maratona,scrissi che stavo aspettando ancora i soldi dell’anno precedente e fui anche abbastanza duro. Con tranquillità e gentilezza mi risposero illustrandomi le loro ragioni anche se non le condividevo per niente. Dopo un pò mi arrivò il premio ed io attraverso una mail ed un articolo li ringraziai,capendo che, in fondo, anche loro non volevano fare brutta figura. Finito li. Sono arrivato a Vercelli sabato nel pomeriggio,ritiro pettorale velocissimo e poi mi sono recato alla conferenza stampa ad ascoltare il dibattito tra gli organizzatori di alcune tra le più importanti maratone italiane ed esponenti politici. Soliti discorsi,aria fritta da entrambe le parti. Parlare di diritti televisivi, audience e sponsor quando manca una guida forte (nonostante Maratone italiane) capace di vedere avanti e non far finta di farlo guardando solo nel proprio giardino,è inutile Se si sono ridotti a che la visione delle maratone vada su un canale che c’è o non c’è,se fanno vedere solo la corsa dei primi dieci,se non creano gli eventi… Di cosa si lamentano? Sanno solo dire:”Vabbè, però a New York e a Londra si paga tanto”,allora mi spieghino perché la gente si mette in lista per andare lì.??? Alla conferenza erano presenti anche tanti amici del gruppo dei Supermaratoneti,con i quali si potrà essere d’accordo oppure no nel correre una o più maratone a settimana ma sono tutti delle persone squisite per umanità e modi di fare. E’ sempre un piacere incontrarli in giro per l’Italia. Qualcuno li definisce pazzi,io non di sicuro. Il mondo della maratona è come un diamante,ha tante facce: Chi corre per vincere,chi per collezionarle,chi per allenarsi,chi per stare insieme agli altri,chi per turismo…Tutti vanno applauditi in uguale misura ed allo stesso modo. La domenica mattina arriva in un battibaleno e dopo una buona colazione in compagnia di simpatici amici toscani ci dirigiamo verso il centro. Corso Garibaldi, già affollato di atleti dalle prime luci del mattino, sembra un’entità a parte rispetto alla città che è ancora lontana dallo svegliarsi completamente. Ci s’incontra,si scherza e c’è poi una costante che in questi ultimi anni sta confermando la sua presenza sono le centinaia di macchine fotografiche digitali ed il rumore dei loro scatti che ormai fa da sottofondo a quella che prima era la solo musica della vigilia delle corse e cioè lo scalpitare delle scarpe sull’asfalto quando ci si riscaldava. Quegli scatti che poi andranno a popolare centinaia di blog e social network… Ormai la rete la fa da padrona ed ha spazzato via tutti i confini che prima ci comprimevano e ci opprimevano. Ore 09.00. Pronti via. Una città che ancora dorme sente il passaggio degli atleti lungo le proprie strade,poche persone affacciate ai balconi seguono con lo sguardo l’andare di questo sciame umano che col suo carico di buonumore ed allegria saluta e da il buongiorno a tutti con qualche timido applauso che ci fa da scia. Primi chilometri un pò bruttini per la verità però niente di mostruoso anche perché in coda al gruppo si pensa più a ridere e a scherzare che ad altre cose. Si chiacchiera con i compagni di sempre,il mitico Sir marathon,al secolo Fausto, dei runners di Bergamo,il gruppo dei toscanacci,come li chiamo io,capeggiato da Alessio,insomma sembra una gita fuori porta,manca solo il cestino con i panini e le bibite ma dubito che qualcuno non abbia ancora pensato a ciò. Intanto si va verso l’esterno del centro abitato. S’iniziano a lambire le risaie,lunghi rettilinei sono i nostri compagni di viaggio,qui la mia mente rievoca le Guerre d’Indipendenza contro l’Austria e tutte le traversie che lungo i secoli questo pezzo di terra e i vercellesi hanno dovuto vivere. Ogni tanto si passa qualche centro abitato o meglio disabitato e poi di nuovo risaie,quelle risaie che caratterizzano l’intera zona. Dico la verità a me il paesaggio che mi si staglia davanti piace e mi rende tranquillo,ho modo di far volare la fantasia al di la di ogni limite. Sono in compagnia di Bruno col quale faccio l’elastico perché,essendo io molto più veloce, ogni tanto mi avvantaggio per poi farmi riprendere dopo qualche sosta fisiologica. Già che ci siamo mi chiede qualche consiglio sulle corse in generale e poi sulla cento chilometri del Passatore che correrà per la prima volta a fine maggio. ”In bocca al lupo!” Intanto i chilometri ed il tempo passano per me veloci e per Bruno un pò più lentamente. Questo fino al venticinquesimo chilometro quando mi metto su un passo per lui insostenibile e lo stacco purtroppo definitivamente. Gli atleti che supero lungo il tragitto mi dicono che ho un bel passo,una bella andatura. Certo è facile,specialmente per chi non ti conosce affermare ciò nel momento in cui ti trovi nella parte del gruppo in cui tutti vanno ai 5’00”/10” al km e tu a 4’15” che è poco più veloce di un lento per me. Tutto procede bene,il fastidio alla coscia non lo avverto e ciò mi rende entusiasta. Lungo gli ultimi cinque chilometri vedo molti atleti con problemi di crampi fermi ai bordi della strada. Mi son sempre fermato a chiedergli se avessero bisogno d’aiuto e sono andato via solo quando mi dicevano che potevano fare da soli. Non ho mancato mai d’ incitare tutti quelli che avevano “finito la benzina” e proseguivano camminando. Poi ecco il vialone del traguardo,prendo il mio bandierone dell’Inter ed inizio a sventolarlo come ormai da scena collaudata. A cinquanta metri dal traguardo incito quello che mi è davanti a non mollare perché sto arrivando molto più veloce di lui e rallento perché non ha senso passarlo a quindici metri dalla linea d’arrivo. Alla fine sulla finish line il solito passo di samba e poi il ristoro finale. Passano dieci minuti e decido di ritornare al cartello del quarantaduesimo chilometro dove so che tra poco dovrebbe arrivare il mio compagno di corsa anche lui interista ed ex presidente dell’Inter club di Pergine Valsugana;lo vedo da lontano,è un pò stanco,gli vado incontro lo incito:”Vai Bruno,prendi la bandiera e vola al traguardo”. Lui contentissimo e con un sorriso smagliante riapre la falcata,corro con lui,lo seguo dal margine della strada. Sembra volare il geometra trentino,felicissimo taglia il traguardo e c’abbracciamo.  Io molto felice d’avergli regalato un’emozione,lui consapevole del fatto di essersi emozionato. L’emozione… Il gusto vero della corsa e dell’amicizia !!! Dopo che anche lui ha lenito il suo sforzo al ristoro finale andiamo a ritirare le borse e ci mettiamo al sole a chiacchierare un pò. Intanto arrivano gli amici che protestano e mi chiedono di scrivere dei loro disagi a cui ho dato voce all’inizio. Dopo un pò col pullmino messo a disposizione dall’organizzazione vado a fare una bella doccia calda in un bel campo sportivo (10 e lode!). Rientro in centro dove ho modo di pranzare e di fare un’altra bella conoscenza. Paolo,un atleta proprio di Vercelli col quale m’intrattengo a parlare volentieri di sport a tutto tondo,mi porta a fare un giro in città dove ha modo di farmi apprezzare piazza Cavour,una delle più belle d’Europa dalla quale,secondo me delittuosamente non fanno passare la corsa,basterebbe un corridoio transennato per far godere della bella visione a tutti,rompendo la bruttezza dell’immediata periferia della città,quella Vercelli che Tacito nel primo libro delle Storie definì fiorentissima nel primo secolo dopo Cristo e che è anche un’importante tappa della via Francigena dove non poche persone si fermano.