lunedì 26 novembre 2012

Turin Marathon : Emozione da pacer...


"Bella da toglierti il fiato". Questo è lo slogan col quale Turin Marathon ha inteso promuovere la sua gara facendo bella mostra sui siti podistici e sulle pagine di tanti giornali. Una maratona che ha saputo regalarsi un vincitore all'esordio sulla distanza insieme al record della gara al femminile, ha avuto la conferma di Valeria Straneo e l'ottima gara di Emma Quaglia, ma che si è concessa anche un brivido finale quando un atleta degli altopiani è arrivato barcollando al traguardo in stile Dorando Pietri.
"Emozionare per emozionarsi", è invece il messaggio che resta scolpito nel mio cuore e impresso in maniera indelebile nella mia memoria dopo aver corso nel capoluogo sabaudo. Il compendio di un fantastico week-end in terra piemontese. Non esagero se scrivo che a livello emozionale la maratona di Torino mi ha regalato tantissimo. La prima volta da pacer in un gruppo eccezionale, il record delle iscrizioni alla manifestazione frutto di un grandissimo lavoro svolto da parte di tutti, il saper di essere stato parte di tutto ciò e la soddisfazione sui volti di tutti, sono delle istantanee che difficilmente perderanno colore nell'album dei miei ricordi. Un giorno, quello di domenica scorsa, che resterà inciso nella mente di tanti per l'enorme partecipazione di atleti e di pubblico. Per mezza giornata Torino è scesa in strada mostrando il suo volto più bello. Maratona, StraTorino e Junior marathon, una festa dello sport all'aria aperta, dove la fantasia di tutti, top runner, camminatori, atleti veloci e lenti, ha potuto volare libera all'insegna dell'allegria e dell'amicizia.
Quest'anno c'era un nuovo percorso, tanta era l'aspettativa e la curiosità da parte di tutti. A mio modo di vedere le cose, promuovo questo nuovo tracciato a pieni voti, mi ha fatto ammirare ancora di più la città, la sua bellezza e il fascino particolare che evocano certe strade e alcune sue piazze. Torino ha avuto sempre una bella maratona, quest'anno però si è superata, è diventata grande. Non guardo al numero degli iscritti, sarebbe un gioco troppo facile e riduttivo, il mio occhio invece cade su quello che ha saputo offrire nell'intero fine settimana, a chi è arrivato nei giorni precedenti ha regalato concerti ed intrattenimento nella centralissima piazza San Carlo ma,anche a chi è giunto in città il giorno stesso della gara, ha donato tanto calore. Un esempio banale? Alla premiazione degli amatori non pochi atleti elite erano presenti; il loro essere lì ha significato dare il giusto risalto a chi la maratona la corre non per vincere ma sgomita nella pancia del gruppo ed è contento e felice anche solo se vede una propria foto o il suo nome su una pagina di un giornale da mostrare poi agli amici e da conservare. Sicuramente e con onestà dico che c'è ancora qualcosa da migliorare, però la base da cui partire è enorme.
Scrivevo prima che quest'anno è stata la mia prima esperienza da pacer ufficiale in una maratona, credetemi, alla fine ero molto più toccato io di tutti quelli che mi ringraziavano per averli guidati al traguardo. Sì, perché lungo i quarantaduemilacentonovantacinquemetri del tragitto ho fatto mie le storie di tutti quelli che hanno corso con me. La loro umanità, il loro voler raggiungere il traguardo in un certo tempo, il loro volersi regalare un qualcosa di cui essere fieri negli anni, è stata linfa per me. Un insieme di tasselli che il mio cervello metteva lì in un angolo, ma che ha saputo tirar fuori magicamente dopo il traguardo ricomponendo il mosaico. Un collage di pensieri e di sentimenti che aveva un titolo: Emozione. Non nascondo che, alla fine, vedendo tutti quegli atleti, stanchi ma fieri ed orgogliosi che mi circondavano festosamente, più di una lacrima è sgorgata dai miei occhi. Approfitto adesso per ringraziarli attraverso questo mio racconto.
Sono arrivato in Piemonte il giorno prima dell'evento sportivo e mi sono recato direttamente al centro maratona. Dalla stazione di Porta Nuova fino a Piazza Castello, passando da piazza San Carlo in quello che sarà l'ultimo tratto di maratona, noto con piacere che c'è una città già vestita a festa. Arrivato a destinazione apprezzo subito la prima miglioria rispetto all'anno precedente, gli stand sono tutti al coperto, in modo che anche una bella pioggia non avrebbe potuto causar danni. Il ritiro del pettorale e del pacco gara si svolge in modo celere rubando pochi minuti alla mia giornata. Resto lì, al tavolo dei pacer, fino all'imbrunire. Man mano che il tempo trascorre la gente aumenta e sono sempre di più le facce conosciute. Abbracci e foto con tutti o quasi. Passano da noi in diversi, ci chiedono dei tempi, dei colori dei palloncini e perfino se possono fidarsi. Col sorriso rispondiamo a tutti, dandoci poi appuntamento all'indomani mattina. Nel tardo pomeriggio, come il nostro "Capo" Mauro Firmani vuole, facciamo una riunione per organizzare il lavoro che dobbiamo svolgere il giorno dopo. Molto bello questo gruppo di " palloncini ", tutti amici e molto compatti. Non c'è invidia, si è tutti uguali, dal grande campione al più lento di noi. Quest'anno la nostra stella è stata Chiara Pandolfi, ragazza non vedente che, magnificamente supportata da Ilaria Razzolini, sarà capace di guidare tante persone al traguardo in cinque ore. Finito il briefing ci rechiamo al pasta party. Un "signor" pasta party: primo, secondo, acqua o bibita gassata, birra, gelato e cioccolata, c'è d'aggiungere altro?
Ritorno in albergo e poi subito a letto. Alba di domenica. Sveglia alle sei, colazione e poi in metro fino ad arrivare, dopo qualche passo a piedi, ancora al centro maratona. Iniziamo a gonfiare i palloncini, a scrivere su i tempi di riferimento, fino a quando tra lo stupore e le risate di tutti non tiro fuori una parrucca con la cresta fucsia su dei capelli verde fosforescenti. "Vorrai mica correre così?", era la domanda che mi veniva posta. "Perché no?", la mia risposta. Da quel momento credo di essere stato tra i più fotografati.
Ormai la città è sveglia, una bella giornata si profila ed il tempo è buono. A migliaia si riversano per le strade. Ci spostiamo verso la piazza che sarà il teatro della partenza. Per la sua conformazione non ci possono essere le griglie, è più larga che lunga e questo sarà un problema. Allo start (a proposito, chi lo ha sentito?), subito si è creerà un imbuto che rallenterà moltissimi atleti. Giunti in loco, aspettiamo con tranquillità lo sparo che ci darà il via. Una volta partiti, ci rendiamo conto che, transitati sotto il gonfiabile della partenza, abbiamo circa un minuto e mezzo da recuperare, usciamo dal centro e costeggiamo il Po.
Rubando qualche secondo al chilometro arriviamo alla mezza che abbiamo recuperato il gap ed abbiamo tre secondi di vantaggio. Manteniamo quell'andatura leggermente più veloce per permettere a tutti dei ristori più tranquilli. Il nostro passo è abbastanza costante. Tanti guardano il cronometro come ossessi, li vedo e consiglio loro di non farlo. "Ragazzi,al traguardo vi portiamo noi, state tranquilli". E' questo il mio monito, si fideranno e faranno bene. Lungo la strada faccio contenti molti bambini battendogli il cinque, tanti sorridono vedendo quella mia strana criniera multicolore. Gli ultimi chilometri per qualcuno che ci segue sono di sofferenza, cerchiamo di spronarli, li incitiamo fino a quando, giunti nell'ultimo tratto di percorso,alla vista della finish line in lontananza, mettono le ali ai piedi. La mia bandiera dell'Inter è già li che sventola da un po' e, tra le battute degli spettatori, tagliamo il traguardo in anticipo sul tempo prestabilito di sei secondi. Un successo.
Il ristoro finale è subito dopo il gonfiabile, ma deve essere però migliorato. Chi è arrivato per esempio dopo quattro ore e mezza ha trovato solo un pò di pane con le sottilette e il tè. Le docce e gli spogliatoi nella piazza antistante l'arrivo sono molto comodi da raggiungere, ma anche questi servizi si devono migliorare. Visto le spazio esiguo all'interno delle docce, con gli spogliatoi a una ventina di metri, sarebbe più logico unirli, trattandosi comunque di strutture mobili, in modo da non vedere uscire atleti mezzi nudi ed aspettare fuori al freddo perché dentro c'è folla.
Rimessomi a nuovo dopo la gara, insieme agli altri amici pacers, siamo ritornati a piazza San Carlo ad aspettare Chiara e il suo plotone delle cinque ore. L'abbiamo vista arrivare e ci siamo uniti a Lei creando una fila indiana che la vedeva come "testa". Molto bello è il saluto che la città ci ha riservato e che le ha tributato in particolar modo. Questa nostra trovata finale aveva un duplice significato: il primo era che anche chi è affetto da un problema grave può e deve fare sport con tutti e come tutti; il secondo era un nostro modo di ringraziare la città di Torino per averci ospitato. Sono rimasto nella zona del traguardo fino a quando non è arrivato l'ultimo. Fermo lì anche colui che è il padre di questa corsa,Luigi Chiabrera, che ,come fa,sempre ringrazia tutti fino alla fine.
Per concludere vorrei ringraziare un pò di persone perché è doveroso farlo. Un grazie va a Luigi Chiabrera, ai suoi collaboratori (i Ragazzi della Cascina, come li chiamo io) e a tutti i volontari. Molto prezioso il loro lavoro. I ringraziamenti vanno ascritti anche a Mauro Firmani, leader di Marathon Truppen, cioè dell'allegra e colorata brigata dei pacers. Un riconoscimento  particolare va a chi ha reso, per me, questa giornata indimenticabile: alla città di Torino con i suoi abitanti e ai miei compagni di viaggio lungo tutto il percorso.

lunedì 12 novembre 2012

New York 2012: Una maratona forse mai nata...


Doveva essere il tributo ad una giornata di festa, la storia della maratona per antonomasia: Invece, quello sulla gara newyorkese, sarà il resoconto di una 42km che forse non è mai nata se non nel portafogli del "gruppo d'affari" che la gestisce e nella testa confusa del Sindaco della "Grande Mela".
Non fraintendetemi, è stato giusto non correre, per la prima volta nella storia, la New York City Marathon ed ha fatto bene il Mayor ad annullarla. Questo non vuol dire che errori non siano stati commessi, anzi. Nel mio modo di vedere gli accadimenti, si è assistito a tutta una sequenza di sbagli al punto che sembravano, in primis il Primo cittadino, dei dilettanti allo sbaraglio e non persone altamente qualificate. C'è da capire il momento, c'è da comprendere l'emotività, ma se quei Signori occupano determinati posti è perché devono anche prendere decisioni forti in momenti particolari.
Bloomberg è stato in balia degli organizzatori prima e dell'opinione pubblica dopo. Il non aver compreso subito quali problemi l'uragano potesse aver cagionato alle attività che si sarebbero svolte in città è stato grave ma non essersi reso conto dell'immane gravità e dei danni arrecati dall'evento atmosferico è stato ferale. Molto probabilmente hanno influito sulla decisione finale anche le elezioni presidenziali. Una scelta forse "consigliata" dall'alto e figlia dei sondaggi che probabilmente ha spostato gli equilibri della corsa alla Casa Bianca, facendo confluire magari i voti in una certa direzione. Questo e anche tant'altro ha fatto in modo che la cancellazione della gara di per se giusta fosse presa con un ritardo assurdo, comportando svariati problemi a tante persone. Si doveva disporre e chi era preposto a farlo non l'ha fatto.
Anche dopo il funesto 11 settembre 2001 fu fatta una scelta e, a torto o a ragione, fecero svolgere la manifestazione. All'epoca ci fu fermezza, quella che è mancata la settimana scorsa. Il Sindaco, guardandolo in televisione, ha sempre tentennato cercando continuamente di spiegare ogni sua presa di posizione ma non è mai stato convincente al 100% e sicuro alla stessa maniera.
E' difficile adesso spiegare cosa sia passato nella mente delle tantissime persone giunte negli Stati Uniti per correre l'edizione del 2012 della New York City Marathon alla notizia della cancellazione. Molto più facile invece è scrivere cosa ho visto sui loro volti e cosa ho letto nei loro occhi. Delusione, rammarico e in alcuni anche disperazione. Ho parlato con persone che piangevano perchè avevano risparmiato un anno intero facendo dei sacrifici enormi per regalarsi un sogno, il sogno di correre la maratona delle maratone, l'evento podistico al quale il mondo intero guarda. La gara che se non l'hai corsa, per l'uomo della strada, non sei nessuno. Uno show, una cassa di risonanza assoluta. Chi rimborserà i soldi a quelle persone? Probabilmente avranno, avremo l'iscrizione pagata per l'anno prossimo, ma il viaggio, l'albergo e le spese extra che dovranno, dovremo riaffrontare chi le rifonderà?
Avremmo capito e giustificato sicuramente se c'avessero detto della revoca della corsa prima di lasciare i nostri luoghi d'origine ma dopo essere partiti e aver fatto viaggi che sembravano estratti dai romanzi d'avventura per quanti scali qualcuno ha effettuato è inammissibile e inqualificabile. Troppi interessi, troppi soldi e troppo cose che purtroppo sono passate molto al disopra delle nostre teste sono successe. Anche noi dell'associazione "La Via della Felicità" dovevamo correre la maratona. Siamo giunti a New York giovedì sera e personalmente non avevo capito bene l'entità del dramma, nonostante già all'arrivo i bus che dovevano portarci all'aeroporto non ci fossero per mancanza di carburante. In taxi ho dormito ed una volta arrivati in albergo ho visto solo una città avvolta dalle luci come se niente fosse successo. Un salto sul tardi in una sfavillante e quanto mai accattivante Times Square non faceva altro che confermare quello che pensavo e cioè pochi danni e tutto rimesso a posto. Frugale panino e poi a letto.
Venerdì mattina, ritiro del pettorale e del pacco gara. Atleti, accompagnatori giunti da tutto il mondo riempivano il centro maratona. Un crogiuolo di razze, un mosaico di colori, una moltitudine di lingue, avevano trasformato il sito in un'autentica torre di Babele. Si respirava felicità, quel posto trasudava di emozioni. Anche io, poco incline a certi comportamenti sentimentali, mi facevo cullare da quell'onda positiva. Un pò di shopping nel pomeriggio e poi la mazzata. Arriva un messaggio dall'Italia alla nostra amica Simona: "Mamma, hanno annullato la maratona". Subito la risposta: "Tranquilla,è una notizia vecchia, abbiamo anche ritirato i pettorali. E' tutto ok". Qualcuno di noi, però, sconcertato da quel messaggio, si collega al sito degli organizzatori e vede quello che nessun altro di avrebbe voluto mai leggere: THE NEW YORK CITY MARATHON HAS BEEN CANCELLED.
La notizia si sparge in città e si estende a macchia d'olio. Un attimo di smarrimento s'impossessa del nostro gruppo, non sappiamo cosa fare. Ci guardiamo in faccia e cerchiamo di fare il punto della situazione. Siamo arrivati nella Grande Mela per portare il nostro messaggio attraverso la corsa, per far conoscere ancora di più La Via della Felicità. Cosa facciamo? All'unanimità decidiamo di unirci agli altri a Central Park nel giorno della maratona in modo da far sentire alla città la nostra vicinanza. Essere lì, presenti, significava dare un segnale di contatto da parte nostra a questa metropoli.
Un nostro caro amico americano ci porta a vedere la parte sud della città ed è in quel momento che capisco il dramma. Non c'era corrente elettrica, mancava il gas, di acqua nelle case neanche una goccia, strade ancora sott'acqua e devastazione in ogni posto, sembravano scene di guerra, pareva un film, un brutto film. Vedendo quello che i nostri occhi stentavano, facevano fatica o non volevano mettere a fuoco, rafforzavamo l'idea dell'utilità della nostra "missione" e, oltre che a sgambettare in quei giorni in cui siamo stati negli Stati Uniti, abbiamo offerto gratuitamente a chiunque fosse interessato l'edizione tascabile de La Via della Felicità, nota a contribuire a migliorare la qualità della vita. Con molto onore poi siamo stati al Consolato Italiano di New York, dove Sua Eccellenza il Console ci ha ricevuto. Al suo cospetto abbiamo fatto una presentazione della nostra nobile campagna sociale e abbiamo dato in dono al nostro esponente in terra americana, la copia del famoso testo, La Via della Felicità scritto da L.Ron Hubbard. Sua Eccellenza, molto colpito e affascinato, ha tanto apprezzato, ci ha incoraggiato e spinti a continuare lungo questo percorso atto a far conoscere questi ventuno precetti al mondo intero. Quando ci siamo congedati da Lui, non prima però d'aver fatto le foto nel salone dei ricevimenti sotto l'Italico Tricolore e la bandiera della Comunità Europea, si è vivamente raccomandato di ricontattarlo per l'anno prossimo, invitandoci nuovamente all'ombra dell'Empire State Building.
Questa esperienza nel nuovo continente è stata molto bella e istruttiva anche se vissuta in un momento drammatico. La sensazione che mi ha dato quella corsetta a Central Park domenica mattina è stata fantastica. Noi podisti di tutto il mondo con la nostra vivacità, pur nel rispetto di chi stava soffrendo, "scorrevamo" in quel verde e per le strade della città come il sangue che si propaga nelle vene, quel sangue che porta la vita in tutto il corpo. Noi quel giorno, 4 novembre 2012, eravamo la linfa vitale della città, una città che sicuramente saprà rialzarsi come già altre volte ha fatto e che sicuramente ci regalerà con gli interessi quello che qualcuno, giustamente, ma tardivamente, ci ha negato quest'anno. Io comunque la mia maratona l'ho corsa alle quattro del mattino in albergo sul tapis roulant, tre ore ventotto minuti e nove secondi.