domenica 12 maggio 2013

24 ore di Torino 2013 : La "testa" aveva deciso diversamente...


La gara di Torino è stata la dimostrazione di come non si può mentire al cervello umano nonostante il massimo impegno che si profonde nel preparare una qualsiasi manifestazione. Questa ventiquattr’ore di corsa, in realtà voluta più dal mio allenatore che da me, è stata la conferma che la mia testa ha dato la priorità ad un certo tipo di gare,quelle più dure al mondo. Dopo la Brazil 135,infatti, volevo recuperare bene,com’è accaduto e poi preparare con tranquillità la Badwater ultramarathon. E’ successo invece,che confrontandoci e avendo dei dati che confortavano la sua tesi,il mio coach, in un paio di giorni, mi ha convinto. In questo momento non voglio dare la colpa a lui della debacle perché sarei ingrato, voglio solo confermare quello di cui il prof. Trabucchi spiega bene nei suoi libri. Il cervello immagazzina dei dati e nel momento in cui ha bisogno di segnali positivi se hai delle cose negative nascoste queste vengono fuori in modo dirompente. Io sono bravo ad uscire da situazioni emotivamente critiche,mi è successo innumerevoli volte ma ho sempre affermato che solo una “rottura” mi può fermare. E’ accaduto che un’infiammazione ad un tendine non mi faceva più articolare la gamba e quando tentavo di correre provavo un dolore lancinante. Quindi non solo il cervello non ha accettato la gara ma ha fatto in modo di mettermi fuori uso regalandomi su un piatto d’argento la scusa buona per tutti. Il programma d’allenamento per questa gara è stato svolto col massimo impegno e sempre con serietà assoluta. Fisicamente stavo bene ma la “testa” non era dello stesso parere. Cercavo di convincermi ma una voce mi diceva:” Non bluffare,sai che non è così,la ventiquattr’ore viene dopo la gara americana,solo allora darai l’assalto a quel tipo di corsa”. Sono arrivato a Torino il giorno prima come sempre carico d’entusiasmo e con la voglia di far bene. Dopo un viaggio senza stress con degli amici fantastici ho trascorso il pomeriggio in albergo e subito dopo la cena ho presenziato a degli incontri promozionali per l’associazione La Via della Felicità che comunque mi hanno fatto andare a letto abbastanza presto. Al mattino la solita colazione,la preparazione  dei ristori e poi dritti verso il parco Ruffini,teatro della gara. Un anello di un chilometro chiuso al passaggio dei pedoni ci aspettava ben lieto di vedere le nostre gesta podistiche. Rapido il ritiro del pettorale,qualche foto con gli amici e poi ecco la partenza. Sul circuito di mille metri c’erano tanti atleti che ad andature non uguali facevano la loro gara. Diverse erano le corse nella stessa manifestazione: una sei ore,una cento chilometri e una ventiquattr’ore,quest’ultima sia a per squadre che per singoli. La prima parte di gara per me si è svolta tranquillamente forse leggermente più lenta del previsto ma sempre molto allegro e disinvolto,quasi da sembrare li in gita turistica. Non accusavo fatica,i rifornimenti li facevo in modo regolare e dopo un pò inizio anche a scalare posizioni in classifica generale. Dopo circa otto ore di corsa però un fastidio ad un tendine fa in modo che quando mi fermavo a bere, alla ripartenza accusassi dei dolori lancinanti. Con l’andare avanti sempre peggio,così ho iniziato a camminare un pò,mi son fatto fare dei massaggi (un modo per prendere tempo più che altro) ma niente la situazione non migliorava. Decidevo allora che sarebbe stato più opportuno fermarmi per circa un’ora ma al rientro potevo solo camminare e basta. In quei momenti ho preso  così la decisione di proseguire al passo fino alla fine. Dopo qualche ora incrocio Antonio Tallarita che mi consiglia di fermarmi definitivamente per non compromettere poi gli allenamenti per la Badwater ultramarathon. A malincuore così ho scritto la parola fine sull’asfalto che era stato lo scenario  della mia gara,ho fatto la doccia e riposato qualche ora. Al mattino seguente ero sul percorso ad incitare gli atleti che avevano corso tutta la notte e che avevano sui loro volti disegnati gli effetti della stanchezza. Verso le undici le premiazioni e poi ritorno a casa con l’allegra compagnia dell’andata. Questa non è stata un’esperienza negativa,anzi... So che dopo la corsa a stelle e strisce nel mio futuro ci saranno delle gare da ventiquattro ore.Questo lo sa Cirinho e lo conferma il suo cervello.