venerdì 19 agosto 2011

4^ Ecomaratona della Valdarda: Come perdersi e divertirsi.

“Ahahahahahahahahah”. Permettetemi d’iniziare così l’articolo sulla 4^ edizione dell’Ecomaratona della Valdarda, perché è proprio così, con una fragorosissima risata che l’ho terminata. Dopo sei ore e qualche minuto di corsa è stata la prima cosa che ho fatto, istintivamente, appena tagliato il traguardo e non smettevo più a tal punto che sembravo morso da una tarantola. Negli ultimi settanta metri di gara, sulla leggera salita che ci portava alla finish line, mi è venuto in mente un libro che avevo letto qualche anno fa sotto l’ombrellone e, chiedendo scusa fin d’adesso a qualche fine cultore dell’italica letteratura che potrebbe storcere il naso o a qualche lettore di libri “impegnati” per la leggerezza di alcune affermazioni, mi va di raccontare. Oggi mi spingo in questa direzione perché credo che ogni tanto un pò d’ilarità non possa che far divertire e regalare qualche momento simpatico. Il libro in questione è “La legge di Murphy”, nel quale c’erano anche altre “leggi” che “regolano” la vita quotidiana. Posso affermare, senza alcun dubbio, che questa gara sia stata l’elogio alla prima legge di Scott (“Qualsiasi cosa vada male, avrà probabilmente tutta l’aria d’andare benissimo”), l’esaltazione della legge di Murphy (“Se qualcosa può andar male, lo farà”) e l’apoteosi della seconda legge di Sodd (“Prima o poi la peggiore combinazione possibile di circostanze è destinata a prodursi”). A questa manifestazione non dovevo prendere parte, poi, una serie di circostanze favorevoli sul lavoro mi hanno permesso di essere presente alla partenza di Morfasso nel giorno di ferragosto, fortuna poi ha voluto che, rispetto all’anno scorso, quando delle piogge flagellarono questa parte di penisola, ci fosse il percorso senza grosse pozzanghere e quindi più godibile e più facile tecnicamente. Successivamente è andata a finire che mi sono perso, ma questo non chiedetelo a me ma a Scott, di cui prima ho accennato.
Sono giunto nella località piacentina molto presto in compagnia del mio amico Andrea, come sempre prezioso. Il paesino dorme ancora, qualcuno è al bar nel piccolo centro e vede arrivare un pò alla volta delle persone “colorate”, dagli accenti più disparati che prendono possesso del loro spazio: E' divertente notare come questo flusso umano aumenti sempre di più col passare dei minuti. Dopo un caffè macchiato, una brioche e qualche consiglio chiesto a Stefano sulla Badwater Ultramarathon che ha corso brillantemente e magnificamente (Complimenti!) il mese scorso, si va a ritirare il pettorale e il pacco gara nella palestra di una scuola che ha la sua sede a poche decine di metri da noi. Tutto molto veloce, ordinato, come sempre a questa latitudine. Nel pacco gara poche cose, tra cui una bella maglia tecnica della misura richiesta da noi (non capita sempre) e per me va già benissimo così. Manca ancora un pò alla partenza, si aspettano quelli che (già si sa) arriveranno in ritardo (Vero dott. Paolo B.? La prossima volta ti mando un elicottero a casa, così poi vediamo). Il colorito e colorato gruppo dei super maratoneti sempre numerosi in ogni dove fa sentire la sua presenza simpatica e poi anche gli amici dei Runners di Bergamo contribuiscono a rendere piacevole l’atmosfera della vigilia. Le solite, tante foto che poi andranno ad inondare blog e social network vengono scattate, le medesime chiacchiere pre-gara, insomma ci sono tutti i presupposti per una bella giornata (vero Scott?).
Sotto il gonfiabile della partenza, a qualche minuto dal via, lo speaker ci dà le utilissime indicazioni sul percorso e sulla giornata, poi siamo pronti per la “corrida”. Noto, però, con dispiacere, spero che i numeri mi smentiscano, che, rispetto all’anno scorso, i partenti siano calati e ciò questa kermesse non lo merita,anzi. La mia è una partenza molto tranquilla, voglio godermi la giornata, sono munito di macchina fotografica per immortalare i fantastici paesaggi che già so allieteranno i miei occhi, ho una borraccia perché devo provare degli integratori che userò nella gara che sto preparando e poi perché, trattandosi di una corsa su un percorso misto, ma prevalentemente sterrato e roccia, non voglio farmi male. Vado su bello tranquillo, in compagnia di Rosario, il percorso è segnato benissimo, i ristori sono buoni, insomma è un godimento. Intanto Murphy e Sodd, secondo me dormono ancora… (ricordate l’inizio del racconto?). Ad un certo punto del percorso, nella boscaglia, sento un urlo, aspetto un pò e vedo arrivare un atleta che mi dice di essere caduto, gli chiedo se abbia bisogno di un aiuto, ma rispondendomi: “Tutto ok!”, mi fa riprendere la corsa. Nel bel mezzo però di uno dei tratti più difficili e più belli del tracciato è come se venissi morso da un cane al muscolo della coscia destra, è un attimo, all’improvviso mi si spegne la luce, ma sono lì attaccato alla parete, non posso permettermi il lusso di non essere in me, riprendo subito il controllo della situazione e guadagno la cima del monte da dove scatterò delle fantastiche foto, era un inizio di crampo però subito domato. Naturalmente la colpa di questo fastidio non posso darla che a Rosario, il quale, parlandomi del suo problema alla coscia, me l’avrà passato per induzione. Si corre su lungo il crinale, si scende aggrappati alla corda che è fissata alla roccia e si va giù con qualche brivido con l’adrenalina a mille.
La prima parte di gara è trascorsa,tratti d’asfalto mi fanno respirare e recupero un bel pò di posizioni perse, ho un altro passo e sono più a mio agio su questa lingua di percorso nera. A questo punto, si vede che qualcuno è andato a svegliare il signor Murphy, che inizia a fare colazione e perde un pò di tempo perché, dopo aver imboccato lo sterrato e fattomi ritornare in cima, al trentaduesimo chilometro circa inizia la sua opera. Imbocco una discesa che, comunque segnalata da un cartello, non ricordo aver fatto l’anno scorso. Naturalmente, come insegna la legge di Murphy: “Se qualcosa può andar male lo farà”, sbaglio strada. Corro per circa 750 metri ma non vedo segnalazioni. “Cavolo, non può essere, ma è l’unica strada che c’era”, mi ripeto. Non sono convinto e rifaccio la strada nella direzione opposta tornando sui miei passi, fischiando, cercando di attirare l’attenzione di qualcuno, ma niente. Intanto anche la sveglia del signor Sodd suona e lui inizia subito la sua opera. All’improvviso, quando ormai scherzando con me stesso, mi vedevo già figlio della montagna, abbandonato al mio destino come novello Robinson Crusoe sull’isola dopo il naufragio, spunta un atleta che viene giù sparato, gli dico che andando avanti non ci sono segnalazioni, si ferma un pò titubante e mi dice:”Sei sicuro?”. Gli rispondo che non avrei fatto un chilometro e mezzo in più per essere in quel posto, se non avessi avuto la certezza di quello che dicevo. Aspettiamo un pò e vediamo arrivare altri due, i quali alla nostra avvertenza rispondono allo stesso modo precedente e con lo stesso tono. Adesso però siamo in quattro e si va tutt’insieme, indovinate in quale direzione? Quella sbagliata naturalmente. Arriviamo più giù e ci rendiamo conto che la situazione ci è sfuggita di mano. Siamo lì, ci guardiamo intorno, quando all’improvviso, lungo un sentiero parallelo al nostro, nascosto alla nostra vista, vediamo una striscia di plastica biancorossa che pende. “Bene, eccolo lì il percorso”, è la nostra affermazione gioiosa. Due dei miei compagni di sventura si fiondano giù a tutto spiano, mentre io e Paolo procediamo molto cautamente .Vediamo i segni bianco e rossi sugli alberi e proseguiamo in quella direzione, ma adesso anche il signor Sodd è nel pieno del suo lavoro (“Prima o poi la peggiore combinazione possibile di circostanze è destinata a prodursi”, ricordate?). Finisce il bosco, arriviamo ad un incrocio sull’asfalto dove non troviamo nessuna segnalazione. Scorgiamo quello che potrebbe essere un segnale, continuiamo la nostra avventura però abbiamo qualche dubbio (Murphy non ascoltarci!). Proseguiamo, ancora un altro bivio ci si para davanti: Una strada è “sbarrata” da un cane e l’altra è libera,secondo voi dove andiamo? Nella direzione del quadrupede domestico, allontanandoci sempre di più dal traguardo.”Dove c’è un cane con un collare, ci sarà un padrone a cui noi chiederemo un’informazione”, ripete Paolo. Andiamo avanti un pò e scorgiamo due ragazzini che mi sembrano abbastanza vispi, non mi fido, però sono le uniche persone che incontriamo. “Ciao ragazzi, ci siamo persi, sapete indicarci la direzione per Casali?” A questo punto Sodd gongola, i ragazzini ci indicano la direzione opposta a quella reale e noi fiduciosi andiamo. La strada dopo un pò inizia a salire e questo non può essere possibile, incrociamo un giovane al quale formuliamo la stessa domanda posta ai ragazzini e questi, con un’aria un poco meravigliata e con un tono che vuole nello stesso tempo rassicurarci, ci dice: “Casali? Ma è da tutt’altra parte rispetto a dove siamo adesso, dovete ritornare da dove state venendo e poi…”, ci spiega tutto e ci rimettiamo in marcia, il tempo continua a scorrere e son passate cinque e un quarto da quando siamo partiti. Lungo la strada sentiamo delle voci, c’è un pranzo tra amici su un terrazzino, richiediamo l’informazione, ormai diventata un refrain, con la stessa incredulità del ragazzo di prima ci confermano la direzione dandoci anche dei punti di riferimento. Paolo è un pò in difficoltà, ha finito l’acqua, è molto lento ed inizia ad innervosirsi, gli faccio coraggio e lo incito. Io, invece, sono preoccupato per gli amici che non vedendomi arrivare al traguardo inizieranno a porsi degli interrogativi. Ci portiamo su una discesa dove alla fine dovremmo trovare una pizzeria e poi… E poi, naturalmente, un altro incrocio… “Dove si va?”, mi chiede il lombardo, gli rispondo che non mi sarei mosso da lì finché non fosse passato qualcuno a cui chiedere un’informazione e che brancolare al buio era inutile, lui insiste chiedendomi di fare duecento metri per vedere dove arrivasse quella strada. All’improvviso però la fortuna si ricorda di noi, passa una macchina dell’organizzazione che ci dice che anche altri si sono persi e che la direzione che avevamo anche stavolta  preso, era opposta a quella reale. “Proseguite sempre dritto ed arriverete, tranquilli ragazzi, tranquilli…” Ringalluzziti da questo incontro, ormai siamo lanciati verso Casali, lungo la nostra strada c’è una ragazza che prova a correre ma non è una podista, le chiediamo quanto disti la nostra meta e ci risponde che al massimo sarà un chilometro e mezzo, un pò strano, perché il paesino lo scorgiamo da lontano. Scopriremo poi che la donzella ha uno strano concetto dei metri e delle distanze, in quanto più del doppio sono, in realtà, i chilometri che ci separano dal traguardo. Ancora una macchina dell’organizzazione lungo la via c’incita e poi, finalmente, anche le frecce sull’asfalto ci “dicono”eco maratona e si sente lo speaker parlare. Giriamo a destra, gli ultimi settanta metri sono da correre. Inizio a ridere, in lontananza - come in un sogno - tutto si sfuoca e vedo solo tre sagome che ci aspettano. Taglio il traguardo di questo sogno/incubo e trovo a premiarci il signor Scott che mi ricorda che: “Qualsiasi cosa vada male, avrà probabilmente l’aria di andare benissimo” e, vedendo come era iniziata, con la fortuna al lavoro ed il bel tempo, e come è finita la gara con la scomparsa dal percorso,non posso che dargli ragione. A passarmi l’acqua al ristoro c’è il signor Sodd che mi ricorda che: “Prima o poi la peggiore combinazione possibile di circostanze è destinata a prodursi” e, visto dove siamo andati a finire dopo tutta una serie di eventi, l’abbraccio. L’unico che applaude soddisfatto di tutto e ride di gusto è il buon Murphy che, tanto per suggellare il tutto, mi ricorda che: “Se qualcosa può andar male, lo farà”. Ricordando quando ho avuto il primo dubbio sul percorso,ho dovuto stringergli la mano. All’improvviso, però, mi risveglio ed una gentile e carina ragazza mi mette al collo una bella medaglia, tutt’intorno a me gli amici mi chiedono i motivi per l’innaturale ritardo. Dopo la mia spiegazione, arrivano gli sfottò che accetto di buon grado, anzi sono il primo a ridere di me e dell’accaduto.
Dopo la doccia e un buon pasta- party siamo ritornati a casa. E’ stata come sempre una buona corsa come negli anni scorsi e, come sempre dico, poco e male pubblicizzata, perché merita veramente una partecipazione maggiore. Un solo neo ha reso non perfetto il tutto. Se avessi sbagliato solo io il percorso avrei dato la colpa alla mia poca attenzione, così come in primis avevo fatto, però, siccome ci siamo trovati in tantissimi in quella situazione ed era un unico lagnarsi mentre mangiavamo, posso anche immaginare che ci sia stato qualcosa che non abbia funzionato a dovere. Nel ritornare a casa ho visto un autovelox, secondo me ero “giusto” con la velocità, però non ditelo a Murphy, altrimenti tra qualche settimana...

mercoledì 3 agosto 2011

48 km Rimini Extreme 2011.

Quest'anno, memore della delusione del 2010, non volevo andare a correre a Rimini, poi un pò perché avevo voglia d’allenarmi su un bel percorso abbastanza duro insieme agli amici, un po’ perché volevo vedere se qualche miglioria fosse stata apportata, ho deciso, qualche giorno prima della chiusura, d’iscrivermi alla manifestazione. Alla fine, nonostante ci siano stati alcuni cambiamenti in senso positivo, son rimasto con qualche dubbio. Sono partito alla volta di Rimini nel primo pomeriggio di sabato ed alla stazione ho incontrato con piacere l’amico Bien Sen Du, anche lui partecipante alla gara romagnola. Persona simpatica questo atleta vietnamita ormai reggiano d’adozione, il suo parlare entusiasta delle corse ha fatto scorrere il tempo più velocemente di una gara di Bolt sui cento metri, così in un attimo ci siamo ritrovati in Riviera. Quattro passi in città ed arriviamo alla nuova darsena per il ritiro del pettorale, la pratica la sbrighiamo in modo molto veloce. La banchina del molo inizia ad animarsi, gli amici sono quelli di sempre ormai, poche le facce nuove, ma sempre benvenute perché non si esaurisca mai il fiume di persone che corre, si diverte e sta bene nel corpo e nell’anima. Arriva il momento del pasta party, in orario e secondo me meglio organizzato dello scorso anno, quando si mangiò “maluccio”ed in ritardo, creando non pochi problemi a parecchi atleti. In giro, però, già sento qualcuno che si lamenta del pacco gara che, se fosse per me, eliminerei ma non tutti la pensano come il sottoscritto. “Non si possono pagare cinquanta euro per un’iscrizione e poi avere un paio di calzini (che tutti i rivenditori di scarpe regalano) ed una maglietta di cotone con neanche il logo della manifestazione, ci sentiamo presi in giro”, era questa la voce che aleggiava, effettivamente la t-shirt dell’anno prima almeno rievocava l’evento, questa invece aveva solo il logo della società che ha organizzato la kermesse (che fossero fondi di magazzino da smaltire? Qualche dubbio può venire ed è lecito). Con Denise che scatta foto a più non posso e noi che inganniamo il tempo divertendoci e raccontandoci delle impressioni sulle gare, arriva l’orario dell’adunata. Inno nazionale e poi c’incamminiamo tutt’insieme verso la partenza vera e propria. Attraversiamo il centro storico di Rimini, il ponte di Tiberio, piazza Cavour fino all’Arco d’Augusto che vedrà lo start della manifestazione alle ore 22.00. Da lì in poi, un bel nutrito gruppo di ultramaratoneti, circa centosettanta che rappresentano tantissime nazioni, affronterà un percorso molto impegnativo che toccherà una decina di comuni e si svilupperà tra l’Emilia Romagna e le Marche. Inizio ad andatura molto ma molto tranquilla, sono insieme a podisti che devono correre la cento chilometri, quindi il ritmo è basso. Si chiacchiera tanto e si cerca di dare consigli a chi deve coprire per la prima volta la distanza e la teme. Il tempo trascorre, il percorso un pò brutto almeno inizialmente comincia a diventare bello e più difficile tecnicamente man mano che si va verso l’entroterra, quando s’affronteranno delle discrete salite. In gruppo con noi ci sono Antonio Tallarita e Daniele Cesconetto, reduci dalle loro ultime strabilianti e faticose gare, questi due atleti che sono tra i maggiori esponenti dell’ultramaratona in Italia non faranno mai mancare il loro incitamento verso tutti noi, la voce di Antonio farà poi da scia al nostro passaggio per tantissimi chilometri. Ai ristori gente cordiale ci accoglie, c’incita e ci fa sentire il proprio supporto. Arrivato ad un certo punto, però, sento il bisogno di aumentare l’andatura, stacco gli altri e m’avvio da solo, consapevole che delle difficoltà potessero sorgere, più che altro per la non sufficiente e a volte poco chiara segnaletica sul tracciato di gara, perché fisicamente ero conscio della mia preparazione. Attraverso una zona industriale con asfalto mal messo e poi ritorno a salire. Il cielo, prima illuminato dal chiarore della luna, inizia a diventare sempre più cupo. Da lontano, fulmini che non promettono niente di buono cominciano ad essere il faro in una notte buia, mentre all’orizzonte si stagliano le luci dei tanti paesini che popolano queste zone. Un vento forte e freddo inizia ad alzarsi ed il tempo si prepara al brutto. Inizio ad avere un pò di paura perché la forza delle folate tende a spostarmi e comincia a venir giù anche qualche goccia di pioggia, mi rendo conto di essere in balia del vento come una nave senza timone che va alla deriva. Decido così ancora di “accelerare”, tanti atleti che sopravanzo si meravigliano del mio incedere, ma ormai voglio solo il traguardo e non punto che a quello. Transito al quarantaduesimo chilometro, c’è un buon ristoro, l’anno scorso invece era previsto l’arrivo della maratona. Un posto anonimo, buio, senza docce e con il luogo del cambio indumenti angusto e freddo, al solo pensiero mi sale ancora la rabbia. Quest’anno, portando il traguardo al 48km, l’arrivo è stato spostato a Villagrande di Montecopiolo, punto più alto del percorso posto a circa 1000m s.l.m., hanno sicuramente apportato una miglioria. C’erano le docce e uno spogliatoio che ci hanno permesso di rimetterci in sesto subito e questo l’abbiamo veramente molto gradito. Una cosa invece assurda è stata aspettare le 6 del mattino per essere ricondotti a Rimini. Con condizioni meteo normali, i disagi sarebbero stati pochi, ma alle tre di notte, con freddo e vento, l’attesa è stata snervante. Il problema grosso l’hanno patito gli atleti della cento chilometri che purtroppo si erano ritirati e non avevano niente per cambiarsi in quel punto. Hanno dovuto aspettare all'intemperia, sudati, stanchi e con qualche problema (altrimenti non si sarebbero ritirati), rischiando anche un accidente. Anche noi, che dopo la doccia eravamo più “freschi”, abbiamo patito nell’attesa. Rivedo ancora la “povera” Monica tutta avvolta in un telo termico, rannicchiata sul marciapiede che cercava di far passare il tempo chiacchierando, però si leggeva sul suo volto la sofferenza. Devo dire che la simpatia delle persone che erano lì al ristoro ci ha aiutato tantissimo, abbiamo trascorso circa due ore e mezza e ci hanno offerto di tutto: Caffè, panini , biscotti , frutta. Gli dico ancora grazie,i loro modi così affabili e gentili hanno lenito le nostre pene e reso la nostra attesa meno drammatica. Il pullman è arrivato poco dopo le quattro del mattino. “Si partirà”, ripetevamo tutti, invece no, abbiamo dovuto aspettare che anche l’ultimo atleta arrivasse, naturalmente dopo oltre un paio d’ore. Giustissimo e sacrosanto, allora perché non organizzare due pullman più piccoli in modo che con due partenze sarebbero stati tutti più contenti? Mistero! Un altro piccolo particolare mi ha colpito: Ho dato cinque euro, come da programma, per il passaggio giù in città ma nessuno si è degnato di controllare l’effettivo pagamento una volta in corriera. Se non lo avessi fatto? Mentre la città si svegliava sotto un cielo plumbeo e piovoso, noi arrivavamo a Rimini e da lì a poco gli amici della cento chilometri avrebbero iniziato a tagliare il traguardo accolti sì da un clima autunnale, ma anche dal calore di tutti noi che leggevamo sui loro volti l’immensa soddisfazione che si prova quando si porta a compimento una gara resa ancora più difficile da un meteo poco amico. Col passare del tempo mi sono accorto che anche alcuni atleti “top” si lamentavano. Stavolta l’oggetto del malcontento erano le premiazioni,troppo il tempo che hanno dovuto aspettare, anche secondo me. Posso capire quando si devono stilare le classifiche per i premi di categoria che talvolta vedono qualche loro protagonista arrivare verso la fine, ma gli assoluti che hanno finito le loro gare - chi alle due di notte (48km), chi all’alba (100km) - non possono essere tenuti lì ed essere premiati nel pomeriggio. Verso mezzogiorno è iniziato un altro pasta party anch’esso abbondante e soddisfacente, così mentre si preparavano le premiazioni e la pioggia scendeva copiosa, calava anche il sipario su questa manifestazione. Si mormora che questa potrebbe essere stata l’ultima edizione del raduno riminese, sarebbe un vero peccato perché, ripeto, se mettono a posto alcuni dettagli è veramente molto bella. Speriamo bene…