giovedì 15 dicembre 2011

Tanti elogi e piccole critiche alla 16^ Maratona di Reggio Emilia.

Domenica 11 dicembre, ore 15.00, chiude il sipario sulla 16^ Maratona di Reggio Emilia “Citta del Tricolore”. Un’edizione record che con i suoi numeri ha premiato l’organizzazione presieduta dall’amico Paolo Manelli. Una maratona, quella reggiana, che, cresciuta costantemente negli anni, è diventata un punto di riferimento per tutti gli atleti, vista la qualità dei servizi offerti e la bellezza del percorso. Un buon motivo anche per i loro accompagnatori per trascorrere un bel fine settimana in una bella città come Reggio Emilia.
Un plauso particolare va a chi pensò, tempo fa, d’inserire nel programma maratona delle visite guidate alla città che fu del primo Tricolore , col triplice intento di mostrarne le bellezze, allietare il soggiorno ed arricchire culturalmente i partecipanti, non dimenticando che tutto questo è offerto gratis.
Parlare bene della Maratona di Reggio Emilia è come parlare dell’ovvio, si sfonda una porta aperta, insomma è bella e basta! Proprio perché si è arrivati a questo punto, però, si devono fare alcune considerazioni e delle critiche costruttive affinché l’evento con l’andare del tempo diventi veramente una perla unica nel fantastico, ma mal gestito, mondo delle maratone in Italia. La mia non vuole essere una voce stonata nel coro ma solo una nota che si fa sentire in una melodia.
Ormai credo sia giunta l’ora di chiudere le iscrizioni ad un certo numero di partecipanti, magari 2800, dico questo perché con l’attuale percorso, che prevede nei primi chilometri due giri nel centro, anche giusti perché la corsa deve anche omaggiare la città che la ospita, ci sono degli enormi problemi dovuti ai cambi di direzione secchi che provocano, vista la marea dei partecipanti e la sede stradale stretta e umida, delle cadute anche serie da parte degli atleti. Penso che se dopo la partenza da corso Garibaldi, una volta imboccata la via Emilia e Viale Monte Grappa si andasse direttamente fuori, verso la collina, sarebbe meglio. Il fiume di atleti potrebbe esondare così nelle strade più larghe e comode della periferia e poi, una volta esaurita la sua foga, essere incanalato nel centro cittadino. Ci sarebbero così meno possibilità d’incidenti e più tranquillità per godersi il salotto bello di Reggio Emilia. Sicuramente ci sarebbe da lottare con i commercianti, con i permessi in Comune, però bisogna far capire a queste persone che questo evento è anche un’occasione per loro. Un altro particolare da migliorare è sicuramente il flusso di persone che entrano ed escono dal palazzetto dello sport al sabato sera e alla domenica mattina. Il palaBigi, ottima location per deposito borse, docce, stand e vicinanza dal punto di partenza/arrivo gara mostra delle crepe dal punto di vista dello scorrimento delle persone al suo interno. Perché allora non sfruttare un’altra uscita della struttura convogliando il “traffico umano” in varie direzioni? Ancora altri due piccolissimi dettagli da migliorare legati al fine gara sono: Un atleta che taglia il traguardo dopo cinque ore e mezzo-sei non può non trovare la medaglia (anche se questa arriverà a casa sicuramente quanto prima e su questo sono pronto a mettere la mano sul fuoco) e non può arrivare trovando intorno a lui gli operai che stanno già smontando le transenne ed i banchi dove sono appoggiati i teli già messi uno sull’altro pronti per essere portati via… Tutto ciò non è elegante e sembra come se si dicesse: “Dai aspettiamo te per chiudere, fai presto”, ciò non mi piace. Tutti, dal primo all’ultimo dei finisher, devono avere un degno arrivo.
Certo, queste piccole lacune che ho citato sono delle gocce che si perdono in un oceano dove ci sono: La gentilezza di Paolo Manelli quando mi sono iscritto, il sorriso di Cinzia quando ho preso il pacco gara, il ritiro velocissimo del pettorale, il caloroso incoraggiamento che abbiamo avuto ai fornitissimi e favolosi ristori gestiti dalle società podistiche, la simpatia dei volontari, il percorso completamente chiuso al traffico, il pantagruelico ristoro del dopogara, i bagni chimici lungo il percorso, le facce, le emozioni, le espressioni, i pianti, i sorrisi dei maratoneti che arrivavano, i loro commenti entusiasti nell’immediato dopogara, gli speaker Michele Marescalchi e Roberto Brighenti. Una parola d’elogio allo stoico Roby, sempre li sul palco dalle prime ore del mattino fino a quando anche l’ultimo degli atleti è arrivato a tagliare il traguardo, sempre pronto con la sua verve a tributare a tutti gli onori che gli spettavano.
Non voglio parlare della mia gara perché dovendo fare solo un allenamento lento, l’ho interpretata in quanto tale. Mi son fermato a tutti i ristori complimentandomi con i volontari, ho salutato i tantissimi amici e conoscenti sparsi lungo il percorso di gara, ho chiacchierato con altri atleti, insomma ho svolto un bell’allenamento in compagnia, cercando solo di restare nei limiti di tempo che mi ero prefissato e cioè 3h10’/3h15’.
Per concludere, il mio grazie come al solito va agli organizzatori e ai volontari che tanto si sono adoperati per noi e, mai come questa volta, vorrei estenderlo anche ai fotografi non professionisti che lungo il percorso immortalano le nostre gesta mettendo poi a disposizione e gratis i loro scatti sui siti podistici. Non posso però non ricordare, ringraziandoli, tutti gli atleti, tutti gli amici che sono venuti a Reggio Emilia in questo week-end di fine autunno e che hanno colorato simpaticamente la città rendendola più viva e calda. Credo, infine, una cosa: In altre città dove si va a correre, lo si fa per aggiungere una gara al nostro curriculum sportivo, a Reggio Emilia, invece, lo facciamo perché la corsa ce la fanno sentire nostra.
Tra i tanti amici che ho avuto il piacere d’incontrare ne vorrei menzionare uno su tutti: Simone Leo, non è un top runner ma un Campione nella vita di tutti i giorni. Con l’Associazione “Dico no alla droga” combatte contro la disinformazione, la confusione e le leggende metropolitane che ci sono a riguardo dell’uso di certe sostanze e lo fa attraverso la prevenzione, parlando ai giovani e non solo. Mi piaceva ricordarlo.