sabato 21 gennaio 2012

4^ Maratona della Pace sul Lamone : Il sapore di una giornata uggiosa...





Nel 1980 due geni del panorama musicale italiano, Mogol e Battisti, scrissero in un testo: “...ma che sapore ha una giornata uggiosa...”. Io, più di trent’anni dopo, non ho la pretesa di ergermi a grande compositore ma, in veste di semplice scribacchino, mi piacerebbe trasmettervi le emozioni che ho provato correndo con una giornata uggiosa, appunto, la 4^ edizione della Maratona della Pace sul Lamone. Una corsa che per la sua natura di trail non è propriamente la mia, in quanto abituato a “zampettare”sull’asfalto, ma che, in fatto di eccitazione, me ne procura tantissima.Tutto si svolge sull’argine di un fiume, il Lamone, che attraversa la minuscola frazione di Traversara, nel piccolo comune di Bagnacavallo, nella non grande provincia ravennate, in quella bella terra della Romagna dal grande cuore, che accoglie tutti con allegria, simpatia e modi ruspanti. Con l’edizione di quest’anno sono giunte a tre (su quattro) le mie partecipazioni, ogni volta e a ogni passo che ho mosso su quell’erba sono stato attraversato da piacevoli sensazioni. Come sempre, qualcuno si chiederà: “Cosa può provare quello lì a correre intorno ad un piccolo rio? E’ sempre pronto a magnificare le corse alle quale partecipa?” Posso solo rispondere che ognuno vive la corsa, come la vita, a modo proprio. Ogni istante, anche se partecipi ad una manifestazione più volte, non è mai lo stesso, non sarà mai uguale a quello che lo ha preceduto nè tantomeno a quello che gli succederà, perché precisi non sono gli stati d’animo e identici neanche i colori che ci avvolgono. Tutto è il frutto di una particolare alchimia che ce lo fa assaporare, dalla quale traggono linfa vitale le nostre sensazioni e i nostri umori, per questo amo correre, amo vivere e amo scrivere.Ho visto crescere questa manifestazione organizzata dal valente Enrico Vedilei, ho visto lottare il Vichingo contro chi lo criticava, sicuramente a ragione, ma con cattiveria,malafede e acredine, accusandolo di pressappochismo. E’ stato bravo a saper far tesoro dei giudizi di tutti, a capire dove fossero le criticità e a ripartire da lì per migliorare. Vale la pena ricordare che nella seconda edizione parecchi atleti sbagliarono strada, le docce non si trovavano ed erano lontane dall’arrivo. L’anno scorso, il ristoro finale e il pasta party erano un pò ridotti ai minimi termini...
Quest’anno, invece, il percorso come l’anno scorso non potevi sbagliarlo neanche se t’impegnavi, è stato spostato solo il traguardo di una quarantina di metri, deviandolo dall’argine e posto ai piedi di una piccola scalinata che ti riportava su. Lì c’era anche un ristoro che, messo in quella posizione, intelligentemente aveva una duplice funzione: Toglierlo dalla sponda del fiume, evitando così la solita scia di bicchieri per terra, e poi quasi obbligava gli atleti a fermarsi per rifocillarsi.
Un’altra miglioria è stato il pasta party finale, un pranzo completo e al caldo. Le docce e gli spogliatoi, anche se piccoli e non proprio comodissimi, erano vicinissimi al traguardo, alla zona dove si mangiava e al parcheggio. Nel pacco gara, poi, c’erano un paio di calze a compressione molto utili.
Una giornata per me iniziata prestissimo con partenza alle sei da casa. Insieme al mio amico Andrea siamo partiti che il termometro “diceva” -6, un freddo che ti penetrava nelle ossa, sembrava che andassimo a fare la campagna di Russia. Con buona lena c’indirizziamo verso sud, passiamo a prendere un’altra amica, Alina, a Massa Lombarda e poi per stradine interne ci dirigiamo a Traversara. Giunti a destinazione, ormai i soliti noti sempre presenti e felici d’esserlo anche stavolta ci accolgono e ci salutano con calore. Siamo proprio una bella famiglia. Il bar oltre a servirci la colazione funge anche da spogliatoio, di fronte il ritiro del pettorale è veloce e i volontari ci danno le informazioni che chiediamo. Tra loro anche la presenza di Andrea Accorsi e Monica Barchetti, reduci dall’organizzazione della loro maratona di appena una settimana prima e sempre in prima linea quando c’è da dare una mano.
Alle nove e dieci si parte ed è subito festa. Faccio i primi chilometri in compagnia di Monica, si chiacchiera tranquillamente, ma dopo un pò mi trovo da solo. E’ tutto surreale, l’erba bianca dal gelo che a ogni passo scricchiola, l’odore del fumo dei camini. Passa il tempo e s’iniziano a respirare anche gli aromi e gli odori dei manicaretti che le famiglie al caldo delle loro case stanno preparando. Qualche uccello nel cielo volteggia emettendo dei suoni, chissà forse ci stava salutando. Io sogno, mi piace vedermi come un’anima leggera con le sue passioni, penso a tante cose... Ogni tanto mi sveglio dal sogno e mi accorgo che sto correndo, saluto gli atleti che raggiungo, mi fermo ai ristori ringraziando come sempre gli amici volontari e poi ritorno in balia dell’irrealtà, in un mondo non mondo.
Verso metà gara, come m’accade sempre, inizio ad allungare il passo fino ad avere una bella progressione. Alla fine ho avuto un solo rammarico, di non essere stato doppiato dal vincitore solo per una cinquantina di metri. Se me ne fossi accorto, avrei rallentato e nel mio piccolo gli avrei tributato i meritati onori.
All’arrivo, ad aspettarci il sorriso di Monica che cingeva il collo degli atleti con una particolare medaglia di legno e la moglie di Enrico, Maria Luisa, che applaudiva tutti.
Quando ho oltrepassato il traguardo, la prima cosa che ho urlato è stata: “Grazie a tutti”. Si, grazie per averci regalato un’altra bella domenica e sono sicuro che l’anno prossimo tanti altri ancora si uniranno a noi. Il numero dei finisher di quest’anno ha premiato il lavoro degli organizzatori e di ciò sono felicissimo perché lo meritano.
Un grazie particolare anche a Denise sempre pronta con la sua macchina fotografica ad immortalarci sfidando il freddo e le nostre battute.
Per concludere una sola cosa non mi è andata giù e lo devo dire a tutti: “Enrico, ti avevo chiesto le calze bianche e me le hai date arancioni... "Ahahahaha……" , finiamo con una bella risata.

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